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Lunedì, 04 Gennaio 2021 17:20

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“L’India e la formazione di un Io sano (Pudgala)”

 

Articolo appartenente ad una delle Prefazioni del Libro "TANTRA" di Rudra (Luca Vincenzini) 

 

La nascita del concetto di “Io”, dal punto di vista della psicologia moderna, risale sostanzialmente alla psicoanalisi di Freud, ovvero quando egli iniziò a tracciare i capisaldi di quelle considerazioni che poi permasero tali per tutta la sua vita. Sebbene le componenti teoriche, di cui anche la nozione di “Io” fa parte, siano state ricollocate e rimodellate all’interno del pensiero freudiano sviluppatosi in base all’esperienza clinica maturata sul campo, ci sono delle considerazioni generali che possono essere fatte sul concetto di “Io” da lui delineato. Nella teoria psicanalitica, che aveva come obiettivo lo studio delle dinamiche interiori della persona, l’Io è l’elemento psichico che assume il compito di fare da intermediario tra l’ES (l’inconscio) ed il Super-Io (una sorta di “coscienza morale” con cui l’Io deve confrontarsi nel rapporto con il mondo). L’Io, quindi, è quel nucleo centrale dell’individuo, che rappresenta la componente di coscienza incaricata di gestire e rispondere sia alle richieste provenienti dall’inconscio (quei “vortici di energie” in continuo movimento e non controllabili in maniera cosciente, quali le pulsioni, i desideri, etc. che cercano di trovare libera espressione), sia al principio di Realtà morale imposto dal Super-Io, che si origina dal potere condizionante genitoriale. Da tale attrito sorgono gli inevitabili contrasti e conflitti generati dalla costante mutazione di questi due ambiti coscienziali, i quali poi vengono mascherati e gestiti attraverso i meccanismi di difesa, individuati dalla Psicologia, di cui l’Io cerca di avvalersi. Per la Psicologia Accademica, quindi, l’Io rappresenta un pilastro centrale nella vita e nello sviluppo dell’essere, in quanto è l’elemento cardine attraverso cui la coscienza dell’individuo risponde alla realtà in cui è immerso. La definizione pocanzi introdotta, secondo la concezione psicologica, è per forza di cose parziale in quanto, come affermato in precedenza, le proprietà e le funzioni attribuite all’Io possono discostarsi in maniera anche significativa nei vari autori e ricercatori in tale ambito. Al concetto di “Io” viene così affiancata, nei vari modelli teorici, la funzione del “Sé”, il quale, da un punto di vista alquanto convergente nel mondo della psicologia, rappresenterebbe la componente psichica dell’individuo che si sviluppa nel corso dell’esistenza grazie alle esperienze vissute. L’Io, in tale ottica, è una componente del “Sé”. Perciò come ipotizzato da Jung, mentre il Sé include le componenti consce ed inconsce della personalità, l’Io rappresenta il centro della mente cosciente che interagisce e risponde a tutte le correnti psichiche. Jung cerca di andare oltre, attribuendo un significato esistenziale al Sé, una sorta di “realizzazione” a cui si tende nella vita, una sublimazione armonica delle varie componenti dell’essere umano. Per Jung, il Sé preesiste rispetto all’Io, e quest’ultimo dovrebbe fungere da strumento di realizzazione volto al compimento del primo. Il Sé viene investito, così, della funzione chiave dell’attività psichica a cui l’Io dovrebbe gradualmente sottostare ed adeguarsi. Jung aveva indubbiamente intuito l’esistenza di qualcosa di superiore alla sola dimensione fisica dell’uomo, un piano di connessione psichica, condizionante ed ispiratore, comune agli individui e che lui espresse attraverso la teorizzazione dell’Inconscio Collettivo e degli Archetipi.

 

La Psicologia si è soffermata doverosamente a lungo sui fattori relativi al funzionamento dell’Io, tentando di comprenderne l’importanza ed il ruolo nella vita dell’individuo. Tutto ciò è avvenuto con l’idea di fornire definizioni adatte a descrivere le patologie che affliggono le persone in base al manifestarsi dell’Io stesso, per esempio: si attribuiscono i sintomi della schizofrenia alla perdita dei confini della persona con una conseguente diminuzione della valutazione del campo di realtà. Anche Schneider, psichiatra tedesco di fine ‘800, è concorde nell’affermare che, alla base del delirio, esistano dei disturbi delle barriere dell’Io, il quale in qualche modo perde il suo senso d’identità. Otto Kernberg, nell’ambito delle teorie psicodinamiche, parla di tre tipi di organizzazioni della personalità: la nevrotica, la borderline e la psicotica, e fa questo in riferimento preminente al grado di capacità dell’Io di essere cosciente della realtà ed al tipo di relazione che riesce ad attuare con la stessa. Ci sono moltissime altre teorie e studi che cercano di descrivere le funzioni dell’Io e le sue relazioni con il mondo. Tale continua ricerca ha, nella maggior parte dei casi, tentato di rappresentare le componenti della persona, facendo questo attraverso l’osservazione delle reazioni esteriori dell’individuo e delle conseguenti ipotesi sugli accadimenti interni allo stesso. Il tutto però senza trovare dei metodi concreti per entrare in contatto diretto con la Sorgente psichica (il Sè) di cui esso è composto; questo avvenne in linea di massima per la stragrande maggioranza degli psicanalisti, tranne per alcuni tentativi fatti da Freud per mezzo delle metodologie ipnotiche di cui si avvalse, e ciò con risultati controversi. A mio avviso, manca, nell’applicazione del metodo scientifico perseguito da tali indagini, la considerazione della componente vitale, che è indispensabile per poter comprendere meglio le varie istanze attraverso cui l’essere si esprime. Spesso si assiste, nell’intento di fornire una rappresentazione teorica che possa esporre in maniera esaustiva la natura dell’uomo, ad una crescente complessità di fattori ed elementi che, poi, nelle varie spiegazioni ad un certo punto sembrano quasi confondersi tra loro, finanche a confliggere, come per esempio i concetti: di Io, di Sé, di personalità, di formazione del carattere, etc. Di solito ci si limita, nello studio dell’essere umano, a sondare solamente  quelle condizioni che lo caratterizzano nella realtà organica e nel momento storico relativo alla sua esistenza, senza peraltro riuscire a contattare pienamente, come affermato in precedenza, quella sorgente di vita (componente vitale-Kuṇḍalinī) attraverso cui esso sperimenta e valuta le proprie esperienze.

 

Al contrario, per tracciare la via alla totalità dell’essere, è necessario ma non sufficiente osservare e misurare tutti i parametri ritenuti oggettivi nella persona come: il grado di reattività, il carattere, l’impulso emotivo, il battito cardiaco, la potenza del flusso sanguigno o le espressioni fisiche. Si ignora, così, riducendo tutto alla vita organica, la possibilità concreta di colloquiare direttamente con l’Io della persona, quale agente protagonista e primario rappresentante dell’essere. Il modello di approccio voluto dalla Psicologia Ortodossa, da una parte, limita seriamente il tipo di inferenze che si possono attuare rispetto alla presenza e alla sostanza dell’Io e, dall’altra, rende molto più confuso lo studio di questa materia, essendo l’Io stesso caratterizzato da molti altri cofattori che provengono dal mondo dello Spirito. Per questa ragione, ad un certo punto, alcuni studiosi, psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, di cui Assagioli è stato uno dei capostipiti, resisi conto dell’esistenza di questa altra Realtà Superiore, hanno introdotto nelle loro teorie l’elemento trascendente, intendendo con esso ciò che oltre la natura dell’individuo si estende ben al di là dei confini fisici a cui la scienza si ancora. Essi, di pari passo alla teorizzazione, hanno sperimentato dei percorsi concreti e proposto delle metodologie serie come la meditazione (Dhyāna) e l’ascolto interiore (Ātmā Vicāra), adatte perciò al fine di riuscire a stabilire un contatto cosciente e senza filtri con quella presenza interna di cui ciascuno di noi è permeato. Nella sua Psicosintesi, Assagioli, in relazione allo sviluppo psichico dell’essere umano, tende ad accostare l’Io al Sé, concependo una miscellanea che si evidenzia più come una presenza frammentata di questi fattori piuttosto che evidenziarne le differenti funzioni. Essi (Io e Sè) possono essere tra loro in conflitto ma anche in relazione, e potenzialmente sono in grado di confluire in un centro che nel tempo può integrarli tra loro ed accogliere tutte le istanze interiori (così come sono: Yathā Bhūta). Dalla frammentazione iniziale deriverebbero varie complicazioni sfocianti poi nelle diverse patologie, più o meno, conclamate. È però possibile comprendere la causa di questa frammentazione ed elaborarla attraverso percorsi di coscienza che includano tutte le sfere espressive umane. Il risultato di tale processo è la realizzazione del principio della Personalità Integrata (nota anche come Coniunctio Oppositorum in Jung), la quale sintetizza la fusione delle particelle psichiche (che Assagioli definisce sub-personalità), apparentemente slegate e lontane tra di loro, divenendo invece un nucleo armonico in grado di esprimere in maniera coerente le varie componenti dell’Io/Sé. Il processo di fusione di tali fattori avviene attraverso la progressiva trasformazione interiore, sollecitata dalla capacità di comprendere ed assimilare le esperienze a cui l’individuo è chiamato nella sua esistenza. Sebbene il risultato dell’Io così costituito sia un traguardo di per sé augurabile per la maggior parte degli esseri afflitti dai più disparati disturbi psichici, lo stesso processo può essere applicato alla crescita ed allo sviluppo di tutti gli individui. Ecco perché Assagioli, come precedentemente affermato, aveva ideato delle metodologie per il contatto e la conoscenza del Sé interiore quali strumenti di educazione ed esperienza diretta di quel piano di esistenza. Tuttavia, l’esperienza dell’Io, secondo l’idea di Assagioli in oggetto, è un passaggio momentaneo che deve condurre a degli sviluppi ulteriori. Il percorso proposto dalla Psicosintesi, e da altri movimenti ad essa affini, si avvale delle conoscenze e degli insegnamenti remoti che si rifanno alla visione spirituale dell’individuo, inserendolo in un contesto molto più ampio di quello attualmente considerato dalla scienza e dalla psicologia moderna.

 

Uno degli elementi più importanti di questa rappresentazione della Vita (componente vitale nella persona), è che esiste una parte del nostro essere che sopravvive alla morte e che è già presente prima della nascita, e il cui grado evolutivo, grazie all’esperienza terrena, si accresce sempre più. La legge di Causa-Effetto (o Legge del Karma) è uno tra i tanti costituenti che concorrono, secondo tali correnti umanistiche, alla formazione dell’Io/Sé, senza lo studio della quale risulta, concretamente, difficile ipotizzare dei modelli che possano spiegare le varie componenti, soprattutto patologiche, dell’individuo. Il tema, a mio modo di vedere, che soggiace maggiormente alla formazione dell’Io, risiede nella capacità e nella possibilità di comprendere quale sia il passaggio evolutivo, in termini esistenziali (considerando anche le vite anteriori, includendo quindi il concetto di reincarnazione: Saṃsara) a cui la persona è chiamata. L’opportunità di leggere la conformazione dell’Io/Sé in base a tali fattori, diviene più ampia, e per di più molto più coerente, in quanto rispecchia esattamente le caratteristiche con cui l’individuo si esprime, come pure l’obiettivo (spesso non cosciente ma manifestabile) a cui egli anela in termini d’identificazione e spinta interiore. Come anticipato in precedenza, la formazione dell’Io e del Sé che aggrega le varie sub-personalità, secondo la concezione psicosintetica, rappresenta in altri termini l’identificazione completa dell’essere umano con il proprio Sé, inteso qui come personalità umana completa (Processo di Individuazione). Una volta compiuto questo processo, ne esiste un altro più ampio e superiore che attende la persona e che la condurrà, ad un certo punto, all’identificazione di sé con la sua parte trascendente e che potremmo chiamare in tale sede: Anima o Sé Superiore (Ātmā o Anātman a seconda delle tradizioni). Questa concezione ulteriore dello sviluppo umano concorre a produrre una vera e propria frattura tra la Psicologia Ortodossa e le teorie della Psicologia Trascendente, come la Psicosintesi. Il motivo risiede nel fatto che le scuole del trascendente si discostano dalla prima perché di fatto si basano sull’esistenza di una componente collocata oltre la sfera organica, ed ovviamente tale aspetto non è per nulla un dettaglio. Quando si realizza questo nuovo stato di consapevolezza, ancorata alla coscienza trascendente, le dinamiche dell’Io cambiano totalmente, così come i desideri e le necessità. La Psicologia Accademica, non valutando la presenza della componente spirituale, può trattare queste “diversità” come forme patologiche, ma tale valutazione può essere completamente fuorviante, essendo falsata dalla mancata conoscenza del campo trascendente. Ecco perché, è saggio ed opportuno in tale ottica, riscoprire il valore simbolico delle scienze dello Spirito (Ātmā Vidyā), della funzione animica dell’antica Astrologia (Jyotiṣa), come pure degli elementi filosofici (Darśana) da cui la Psicologia (Manovijñāna), pur essendosene affrancata, ha preso origine in passato. L’enorme contributo che questi fattori culturali hanno ancora da fornire, a tutti i settori dell’esistenza, è assolutamente innegabile. Da millenni gli antichi insegnamenti (Sampradāya-Tradizione) indicano all’individuo le varie tappe attraverso cui egli potrà operare dentro di sé queste forme d’identificazione interiore, attraversando opportuni stadi e trasformazioni psichiche.

 

I processi del risveglio (Bodhi) sono espressi magnificamente dalle seguenti affermazioni: “Io Sono” (Ahaṃ Asmi), “Io Sono Quello” (Ahaṃ Idam), “Io Sono Quello che Sono” (So Haṃ) e sono trattati anche da A. Bailey nel suo “Trattato sul Fuoco Cosmico”. È interessante notare come l’Io, in questo contesto, esprima, nelle varie tappe di crescita, la sua essenza secondo obiettivi e raggiungimenti differenti che passano attraverso identificazioni progressive verso la sorgente della Coscienza (oltre l’individuazione umana comune). Inizialmente egli deve portare a compimento lo sviluppo della propria personalità (“Io Sono”), successivamente ha come meta lo spostamento della sua coscienza nel campo dell’Anima (“Io Sono Quello”) ed infine la propria essenza si “perde” nella dimensione infinita dello Spirito (“Io Sono Quello che Sono”).  La Scienza dello Spirito non può tramontare perché è sorretta da Leggi Universali che permangono oltre il tempo e lo spazio. La Psicologia Accademica, se vuole davvero essere di supporto all’attuale e futura umanità, dovrebbe riappropriarsi di un tipo di visione (Dṛṣṭi) maggiormente consona a quella ancestrale espressa nell’atichità, evitando di rigettarla, ritenendola frutto di mistificazione e sorta da false credenze popolari che sono da abbandonare perché non comprovate scientificamente. Nell’aver tralasciato il contatto diretto con il mondo spirituale, in favore di una concezione quasi completamente analitica o meccanicistica del funzionamento della mente, dell’individuo e delle sue potenzialità, la Psicologia Accademica ha generato un processo di allontanamento non solo simbolico dalla Vita (componente vitale) ma anche dalla sua sostanza creativa (Ātmā-il Sè), cosa che purtroppo, minando l’equilibrio psichico umano, mette in pericolo l’incolumità del Pianeta e dell’intero genere umano.

 

LA MORTE E IL SUO RUOLO NELL’EVOLUZIONE UMANA

Di Luca Militello

 In questo articolo cercherò di addentrarmi in un tema che inevitabilmente riguarda tutti ma che probabilmente ancora pochi cercano e vogliono indagare sotto un’altra luce, ovvero come funzione fondamentale nell’Architettura dell’Essere Spirituale: la Morte.

Naturalmente, su questo argomento ci sono infinite fonti di ispirazione, testimonianze, pareri e teorie. L’intento di queste righe non è quindi quello di voler per forza aggiungere altre nozioni o interpretazioni; semmai ciò che cerco di condividere è un modo di vivere la morte che mi accompagna a seguito di esperienze personali avute in questo campo, unite ai vari insegnamenti che nel corso degli anni ho avuto modo di attingere da diverse fonti e fatte decantare all’interno della mia coscienza come ‘Pellegrino in cammino sul Sentiero’.

I più scettici e dubbiosi sono spesso frenati da quanto a volte viene detto in merito a questo tema quando lo si considera partendo da una visione un pò diversa da quella comunemente accettata, affidandosi a prove e fatti che forse non sarebbero comunque sufficienti anche quando presentati dall’unica scienza che essi riconoscono. 

In questa sede non si vuole convincere nessuno circa la verità assoluta di quanto viene espresso, né tantomeno indurre il lettore a sostenere una teoria a scapito di un’altra.

L’unico vero obiettivo è condividere delle esperienze che possano stimolare, se riconosciute e sentite valide o degne di indagine, chi cerca delle occasioni e approfondimenti su questa vastissima e complessa tematica.

Quando parlo di ‘stimolo’, mi riferisco soprattutto a quella capacità intuitiva e percettiva che nasce dal profondo consenso interiore che noi stessi decidiamo di assecondare, più che da una lettura di tipo intellettuale interessata solo a fare tesoro di riferimenti o nozioni.

D’altro canto questo è solo un consiglio che mi permetto di dare al lettore, essendo poi ognuno libero di utilizzare a proprio piacimento ciò che più lo colpisce o gli interessa, in base alle proprie caratteristiche personali e di sensibilità d’animo.

 

La Morte e l’Anima

Non è necessario ripetere le varie definizioni che tutti, più o meno, conosciamo in merito alla morte e a quello che evoca ancora oggi, soprattutto nella nostra società occidentale. Il riferimento a ciò che ci è stato insegnato e tramandato dalle nostre generazioni precedenti è, nella maggior parte dei casi, un messaggio di sofferenza, di impotenza e di paura da allontanare fino a quando essa, inevitabilmente, si presenta.

Basterebbe questa semplice considerazione per capire come mai la maggior parte della persone vive questo pensiero come un vero e proprio trauma, inavvicinabile e causa di paure ancestrali latenti.

La distanza con la morte e il suo manto inquietante è talmente vasta che siamo in balia del suo volere, del suo tempo, dei suoi modi di manifestarsi; ne siamo schiavi anche quando vogliamo sfidarla.

La completa ignoranza della sua funzione e del suo senso, ci porta a pensare e compiere azioni che, se viste dal lato della Coscienza, sono delle vere e proprie opere di follia.

Il primo punto di riflessione dovrebbe essere, quindi, quello di voler arrestare il meccanismo automatico che interviene quando pensiamo alla morte e a ciò che di negativo ci evoca, e cominciare a guardarne lo splendore e la forma, in quanto processo naturale e necessario al flusso della Vita.

 

Come punto di partenza si può dire, infatti, che la Morte è quella fase in cui l’Anima, che fino a quel momento aveva utilizzato il corpo fisico per svolgere l’esperienza terrena utile per la sua evoluzione, decide di ritirarsi dal piano materiale in quanto esaurita la spinta vitale che aveva originato l’incarnazione.

La decisione (generata da un segnale che l’Anima emette) a seguito della quale l’essere incarnato (che permane oltre la forma, il tempo e lo spazio) abbandona la sua dimora terrena (il corpo e tutto ciò ad esso collegato), nasce quindi direttamente dal volere dell’Anima che conosce il fine e il senso di quella avventura di vita.

Dal punto di vista spirituale, il corpo è simile ad un automa, composto da materia solida densa e utilizzato per esercitare l’azione che la parte sottile (l’Anima appunto), necessita di svolgere.

Il corpo fisico, dunque, è governato e gestito dalle forze che, nel momento in cui la Luce dell’Anima si incarna, cominciano a vivificarlo e ad ancorarsi al suo interno. E’ grazie a questo processo di occupazione dello spazio insito nella materia densa di cui è composto il corpo che quest’ultimo inizia a rispondere agli stimoli interiori ed esteriori cui è sottoposto.

Il suo ruolo è quindi fondamentale nel tratto del percorso terreno che l’Essere deve percorrere ma, nel momento in cui sopraggiunge la Morte (e l’Anima si ‘ritira’), la sostanza di cui esso è composto ritorna nel grande serbatoio di cui il nostro Pianeta (che è un Essere in evoluzione al pari di qualsiasi altra forma di vita) dispone per far fronte alla ‘costruzione’ di veicoli adatti alla dimensione terrena.

Durante la vita, la nostra identificazione con il corpo fisico (a seconda di molteplici fattori) diviene sempre più forte e accentuata e, nella maggior parte dei casi (e comunque prima o poi accade nel nostro cammino evolutivo), noi riteniamo di essere esclusivamente il nostro corpo.

Finchè non siamo in grado di distinguere la natura sottile di cui siamo composti e che viene ospitata dal corpo in cui viviamo, l’immagine di noi stessi (e spesso quella degli altri) si fonda quasi esclusivamente sull’aspetto fisico, che però è solo la parte manifesta (ai sensi) della nostra essenza.

Questa affermazione, nel momento in cui viene ritenuta degna di considerazione e sviscerata opportunamente, determina delle ricadute essenziali nella propria vita e nella attribuzione del significato di tutto ciò che ci accade.

La progressiva identificazione con il piano fisico, frutto di una o svariate esistenze rivolte sempre più ad una dimensione materiale, ci spinge inevitabilmente verso una direzione caratterizzata da esperienze che ruotano quasi esclusivamente attorno alla sfera dei sensi, concludendo che tutto il processo della vita si articola entro quel perimetro.

E non potrebbe essere altrimenti dato che, per necessità profondamente significative che andremo a riprendere più avanti, intraprendiamo questo viaggio nascendo completamente ‘ciechi’ e privi di direzione, fino a quando, nel tempo e nelle esperienze, cominciando a percepire il suono di ricordi lontani, ‘un punto di Luce non si manifesta dentro di noi’. Da quel momento l’Occhio interiore comincia a ridestarsi e le distanze tra il mondo visibile e quello invisibile si assottigliano.

Quel primo istante di consapevolezza che si manifesta in uno o più momenti significativi della nostra vita, in funzione di tappe ben precise e specifiche per ognuno, è la pietra miliare verso il ridirezionamento della Coscienza verso il mondo detto anche sottile, spirituale, esoterico.

A seconda del proprio stadio evolutivo, cui ognuno di noi è sottoposto in quanto ‘apprendista della vita’, siamo più o meno rivolti e pronti per intravedere qualche barlume di quello che è il viaggio dell’Anima oltre la vita terrena.

La manifestazione di questi ‘lampi di Verità’ li viviamo attraverso sogni, intuizioni, percezioni, premonizioni, meditazioni, preghiere, pensieri in cui ci rendiamo conto di essere stati toccati da qualcosa di magico, di non definibile, di incredibilmente vero e bello.

Quando ciò accade (e ad ognuno di noi almeno una volta nella vita è già successo) a poco valgono le spiegazioni intellettuali di molti che, lungi dal voler addentrarsi nella profonda tematica dell’Anima, vorrebbero spiegare in termini logici le reazioni e gli stati che il cervello vive in particolari stati dell’essere, ritenendoli spesso frutto di allucinazioni, speranze o aspettative che casualmente si manifestano.

Non considerando che, come anticipato precedentemente, il corpo (e quindi anche lo stesso cervello) reagisce e viene guidato da stimoli che provengono dai cosiddetti piani sottili, e quindi è assolutamente vero che possiamo registrare i suoi movimenti e le variazioni delle onde che lo caratterizzano, le quali investono poi il sistema nervoso, ma questi impulsi sono reazioni a quegli stimoli superiori e non cause degli stessi.

Per parlare della Morte è quindi importante e necessario comprendere il significato del ciclo della vita terrena (che ha un limite temporale di manifestazione), essendo invece la Vita Reale sul piano dello Spirito onnipresente e non condizionata dal fattore spazio-tempo.

La morte terrena, da un certo punto di vista, mette fine a questa condizione di dipendenza essendo la porta di uscita di quel percorso terreno che inizia con la nascita e si conclude con il momento finale di abbandono del piano fisico verso il ritorno al mondo spirituale.

Alla luce delle argomentazioni appena introdotte, possiamo intravedere a grandi linee quello che è il senso dell’esperienza umana nella sua essenza, in quanto occasione cruciale di sviluppo dell’essere e di apprendimento di lezioni che il più delle volte passano attraverso indicibili sofferenze.

L’esperienza Spirituale cosciente (quindi compresa e accolta anche dalla nostra parte razionale) ci aiuta, poco alla volta, a realizzare che ci troviamo all’interno di un ambiente creato ad hoc dal nostro Progetto d’Anima per poter affrontare e possibilmente superare le prove che ci vengono richieste; così la nostra attenzione comincia a rivolgersi verso i segnali che sono di fronte a noi ma che prima erano invisibili alla nostra vista, che ci indicano quale strada intraprendere per assecondare il nostro processo evolutivo.

A quel punto avviene una netta trasformazione che nasce dal piano interiore e, lentamente ma costantemente, si manifesta nella vita quotidiana dell’individuo, il quale sente la spinta e l’attrazione verso altri generi di ideali e di modalità di relazione con il proprio mondo interiore e con tutto ciò che lo circonda.

Ricollocandosi e spostandosi simbolicamente (e non solo) di posizione, comincia a riconsiderare il significato degli eventi sotto una luce diversa: ogni elemento della sua vita assume un valore che è un frammento di quella Verità che va cercando; c’è una convergenza tra tutte le esperienze, dapprima considerate in maniera separata e etichettate come positive, negative o neutre, verso un significato unico, fusione dei tre , che conduce al bene supremo e a ciò che è semplicemente da fare e non da desiderare solo per sé stessi.

Anche la Morte, a quel punto, è percepita in maniera esattamente opposta rispetto a quando essa ci incuteva solo terrore e timore: diviene meccanismo riconosciuto essenziale per consentire al Conducente (l’Anima) di mettere in atto il processo di ritiro dalla forma, nel momento in cui l’esperienza è terminata e non offre più altri spunti legati all’evoluzione per sé o per altri.

 

Fino a quando questa inversione del punto di osservazione non si amplia e letteralmente ‘si inverte’, è ovvio e naturale che l’individuo sia occupato a dedicarsi quasi esclusivamente alle ragioni della materialità, piuttosto che alla scienza dell’Anima che, dal suo punto di vista, non offre garanzie ma, al contrario, infinite incognite ed incertezze.

L’esistenza, impostata sulla base di tali premesse e sull’impatto che tutto questo ha nelle scelte individuali, è stata mirabilmente sviscerata e descritta dal susseguirsi continuo di Esseri Illuminati che hanno sempre cercato di lasciare una traccia importante, incarnata attraverso la Loro esistenza, da seguire per l’essere umano smarrito nella nebbia dell’illusione.

Dal punto di vista dell’uomo che ancora è accentrato e concentrato sull’unica esistenza materiale che sente preponderante, apparentemente solida e unica, la morte è vissuta come la grande tragedia, momento da scongiurare e simbolo di inguaribile sofferenza.

Se avessimo sviluppato una Visione più profonda del significato degli accadimenti che vada al di là del giudizio limitato che come esseri umani esprimiamo con la consapevolezza odierna, potremmo intravedere e comprendere in misura molto maggiore che anche nelle tragedie più spaventose e intrise di dolore, esiste un accordo stipulato tra le anime che partecipano all’evento in questione, stabilito su altro piano e governato da Esseri e Forze che vanno ben oltre la nostra comprensione.

(Nota: Esistono indubbiamente delle condizioni che possono interrompere il ciclo della vita anche in maniera improvvisa e non prevista e voluta dall’Anima, ma da accordi che vanno ancora oltre; senza complicare ulteriormente la questione in questo momento ci interessa parlare dell’aspetto funzionale della Morte, che è già di per sè molto impegnativo).

 

Quello che invece quasi sempre accade è che la sofferenza ci rende ciechi e indignati verso la vita o quel dio che sembrano essere così ingiusti e non amorevoli nei nostri confronti. Ci mettiamo sullo stesso piano come se Dio, nel caso in cui esista, fosse un Essere che ragiona e valuta le situazioni con il nostro stesso metro.

Non ci rendiamo conto che, nonostante dalla notte dei tempi ci sia stato detto e insegnato quanto importante sia sviluppare la nostra attitudine alla via dell’Amore, e che tutto quanto ci accade è in funzione dello sviluppo di questo grande ed immenso Progetto, continuiamo a ribellarci e a diffondere il germe della sofferenza dentro e fuori di noi, ritenendoci vittime del mondo e delle sciagure che ci capitano.

Ma non è l’Anima che soffre e si dispera, non è l’Anima la causa della nostra sofferenza e non sono gli eventi che ci accadono che vogliono condurci alla disperazione.

L’Essere Spirituale che fissa la rotta del nostro cammino vede la Direzione da intraprendere e, finchè noi non ne percepiamo il suo Volere, ci sentiamo prigionieri di noi stessi in quanto corpo, forma, pensieri e condizionamenti.

Ma quando scopriamo anche un solo Lembo del grande Progetto,  il concetto di ‘prigione’, si trasforma divenendo così ‘occasione’ per progredire e imparare.

Siamo spesso limitati da idee per cui tutto ciò che fa soffrire è negativo e tutto ciò che ci fa star bene è positivo.

Ma questa è solo una nostra costruzione umana basata su tutti i condizionamenti che una esistenza, fondata sulla fisicità sensoriale, vuole imporci.

Come già detto in altri contesti, l’Anima svolge il suo cammino attraverso le esperienze terrene, perché in questo modo evolve e impara. Ma queste esperienze, per l’individuo incarnato che è chiamato e viverle, possono essere estremamente difficili da sostenere. Che cosa accadrebbe se noi conoscessimo prima gli effetti di una scelta che abbiamo fatto e che magari è proprio quella che ci consente di affrontare un ostacolo utile per il nostro cammino spirituale? Se non avessimo sviluppato una Coscienza sufficientemente saggia e amorevole come quella per esempio dimostrata dal Cristo, probabilmente ci rifiuteremmo di portarla avanti, interferendo con il Volere di chi vede e ci conduce.

Quest’ultima affermazione apre innumerevoli campi di ricerca e di indagine perché, ad oggi, molte persone che vorrebbero conoscere e indagare sul proprio futuro, spesso ignorano questa componente, in quanto ciò che ci attende è assolutamente necessario e in linea con il nostro sviluppo, ma non necessariamente con i nostri voleri terreni. La Conoscenza e la Verità implicano una responsabilità che necessita di una forte preparazione per essere sostenuta.

 

La nascita e la Morte per l’Essere Spirituale

Non c’è da stupirsi se, in linea con quanto appena affermato, viviamo la nascita come il momento più alto di vita e bellezza, e la morte come la circostanza di sofferenza più forte da affrontare.

Questo è sicuramente vero dal momento che siamo costantemente influenzati dal nostro dolore, dalla nostra mancanza, dal nostro sentirci abbandonati e non compresi.

E non c’è ulteriormente da stupirsi se, con l’affermazione seguente, ovvero che “dal lato sottile, le cose sono praticamente capovolte”, molti rimarranno indignati da queste parole.

L’Anima, in procinto di entrare nelle limitazioni del corpo con il meraviglioso processo dell’incarnazione, decidendo di intraprendere il proprio viaggio verso un’altra necessaria avventura terrena, deve affrontare un processo che umanamente definiremmo ‘traumatizzante’.

Studi più o meno recenti sulla nascita colgono solo alcuni aspetti che, pure, confermano questa condizione che il nascituro si trova ad affrontare. Il fatto è che, oltre alle diverse condizioni ambientali che il bambino vive al momento del parto e che lo sconvolgono, ci sono altri fattori di carattere più sottile che intervengono e per cui egli vive un periodo di ‘scollegamento’ (percettivo, non di fatto) con la sua parte spirituale, che lo getta nel più profondo sconforto.

Provenendo dal piano spirituale di cui serba ancora memoria quasi intatta, dove aveva libera interazione con esseri a lui familiari visibili (terreni) e invisibili (di quel mondo), si ritrova catapultato nella prigione corporea per poter svolgere il suo compito.

Il ricordo dei luoghi di provenienza viene temporaneamente inibito (per qualche tempo o per tutta la vita) per non provocare una possibile condizione irresistibile di attrazione di ritorno prematuro e volontario verso la propria Casa Spirituale, vanificando così il senso e l’opera terrena. La frizione tra la Volontà Spirituale e il disagio/attrazione determinati dalle condizioni terrene, diviene per lunghe epoche motivo di scontro e di malattia, causa di processi karmici e di dure sconfitte. Di questo ho parlato anche nell’articolo “La crisi verso la Guarigione”.

Il conflitto interiore tra la ‘personalità’ e l’Anima in merito al controllo e la direzione da intraprendere nella propria esistenza, è oggetto di studio e pratica indispensabile per chi decide di affrontare questi argomenti. Ne abbiamo già parlato altrove e sarà approfondito anche in altre occasioni.

Il conflitto, l’interazione e l’integrazione di queste due Forze dipende praticamente tutto il percorso che l’individuo percorre e che determina realmente tutte le scelte che egli compie nella sua vita.

I ricordi delle proprie esistenze anteriori e casi di reminescenza manifeste in molte persone sono quindi delle memorie che possono generare forti pressioni interiori e crisi che vanno gestite, a volte per evitare gesti estremi di interruzione volontaria della propria vita.

Infatti, come esiste una forte attrazione verso la vita materiale per cui l’individuo rifiuta totalmente la possibilità di vedere le cose dal punto di vista del piano Spirituale, sussiste anche una dinamica opposta che prima o poi si manifesta e che è altrettanto critica fino a quando non si perviene ad una situazione di minimo equilibrio.

La Visione della ciclicità delle esistenze, di poter percepire frammenti del Piano Celeste e del significato della attuale vita terrena nel suo spingerci verso direzioni non sempre agevoli, può indurci il forte desiderio di volere abbandonare il campo di lavoro anzitempo.

Il fardello della Conoscenza, se non equilibrato dalla piena consapevolezza delle Leggi del Piano spirituale, può essere schiacciante e insopportabile, e le conseguenze possono essere così forti che il corpo fisico e il sistema nervoso ne siano irrimediabilmente danneggiati.

Se ciò accade la Morte può rivelarsi l’unico processo necessario che l’Anima può utilizzare riconoscendo non più utili le condizioni che si sono create per il fine iniziale.

Con quanto appena affermato non sto affatto dicendo che tutte le malattie o le infermità derivano da un eccessivo contatto con l’Anima, ma semplicemente che anche il processo di avvicinamento con la nostra parte spirituale può determinare presupposti estremi che non sempre l’individuo è in grado di gestire e con cui convivere.

Su questo punto è doveroso aprire una breve parentesi, dato che spesso si è portati a pensare che con l’evolversi della Luce Interiore Spirituale, l’individuo debba necessariamente presentare delle condizioni fisiche nettamente migliori rispetto ad altri.

Questo, sempre tenendo presente le differenze specifiche di ogni essere, non è affatto vero, e ancor di più considerando le ragioni fin qui illustrate. Fino a quando egli non abbia maturato una condizione sufficientemente equilibrata nel rapporto con le energie spirituali che lo governano e quelle fisiche che lo dominano, le sue condizioni psicofisiche possono essere molto critiche e peggiori rispetto ad altri individui che conducono una esistenza incentrata solo su sé stessi.

La ragione è evidente: nel momento in cui ci si rapporta consapevolmente con delle forze di altra qualità e potenza come quelle spirituali, i punti energetici principali (chakra) che ci governano vengono fortemente sollecitati e questo determina delle immediate ricadute anche nel nostro fisico che necessita di periodi di adattamento e di adeguamento.

 

Alla luce di queste considerazioni risulta molto più chiaro come mai sempre di più sia necessario introdurre nel percorso educativo delle persone, dei metodi e delle modalità che tengano di buon conto aspetti del piano spirituale che sono ancora, nel migliore dei casi, completamente ignorati, se non addirittura perseguiti talvolta con maniere inquisitorie.

Aspetti che, se approfonditi e assimilati alle conoscenze già acquisite, possono portare rilevanti contributi nell’affrontare disagi, malattie e problematiche di adattamento nella sfera sociale, essendo di fondamentale importanza il processo cosiddetto di  ‘integrazione’ che ha come risultato la completa fusione dell’essere spirituale e della parte della personalità cui abbiamo accennato.

I processi evolutivi sull’educazione porteranno prima o poi a riconoscere che il concepimento di un essere che si incarna è un atto sacro che scaturisce da una spinta d’amore (tramite la legge di Attrazione) fra i genitori che sono ‘chiamati’  a volere prendere parte a questo grande evento in maniera consapevole e attiva.

Questo atto d’amore dovrebbe essere ripulito dai propri desideri o vuoti interiori (cosa molto difficile e rara ad oggi), ed essere direzionato verso un vero e proprio contatto con l’Essere attraverso cui il processo di gestazione viene ad iniziarsi.

Oggi assistiamo sempre più invece allo svolgersi di azioni quasi meccaniche per cui diventare genitori è più un desiderio individuale mosso spesso da motivazioni proprie e desideri di compensazione di vuoti interiori.

La spinta ad intraprendere gravidanze forzate può avere ripercussioni molto delicate, non solo dal punto di vista fisico, ma anche nel sollecitare un meccanismo di ‘Attrazione di Anime’ dal piano spirituale a quello materiale che magari non sono pronte per incarnarsi, con tutte le difficoltà e le conseguenze del caso. Il fatto è che la forza del desiderio umano, anche quando mal direzionato, ha una potenza ancora sconosciuta e può costringere certi esseri a doversi sacrificare prendendo parte ad un disegno umano non ancora adeguato agli intenti dell’Anima.

Questo argomento è estremamente complesso e delicato e ogni situazione va analizzata singolarmente, ma al di là di tutte le considerazioni e argomentazioni,  l’intento vorrebbe essere quello di sollecitare una attenzione diversa e più consapevole verso un atto così importante quale quello di accogliere un’Anima che si sta incarnando, soffermandosi nel considerare attentamente quali siano i moventi e gli eventuali elementi che entrano in gioco nella nostra scelta, compresi gli stessi ostacoli che si presentano e che ci possono aiutare a fare maggiore luce su quello che realmente vogliamo.

La chiarificazione di questi intenti che induce i futuri genitori a rendersi disponibili nell’accogliere un Essere nella propria esistenza, dovrebbe precedere un’altra fase di altrettanta fondamentale importanza in cui si stabilisce un contatto con l’Anima in procinto di incarnarsi.

Tale contatto, invocato coscientemente dai genitori attraverso una preparazione specifica che favorisca e preservi la Sacralità della richiesta di incarnazione, avviene prima ancora dell’atto fisico che consentirà poi il concepimento nel piano materiale.

Questa modalità di approccio e di connessione con il piano spirituale, dove i genitori divengono degli strumenti divini per la creazione sul piano fisico, non deve essere intesa come garanzia di benessere e felicità terrena priva di ostacoli; ma va visto piuttosto come un atteggiamento per cui è si rievoca quell’antico patto che i genitori e il futuro figlio avevano stipulato prima ancora di incarnarsi e che risale ai tempi in cui le loro Anime, in accordo, avevano stabilito un appuntamento nel piano terreno per poter assecondare i loro percorsi di sviluppo.

Ricollegandoci al tema della Morte, possiamo utilizzare il medesimo approccio che abbiamo introdotto nel processo della nascita. Allo stesso modo, infatti, l’individuo, una volta conseguiti certi livelli di coscienza non più interferiti da desideri e condizionamenti personali o indotti da altri , potrà percepire ed accogliere con serenità e felicità il momento in cui sa che è necessario abbandonare il corpo per tornare verso la Casa dell’Anima.

Lo stesso processo di abbandono del corpo fisico potrà essere favorito e facilitato anche in ambito medico, nel momento in cui ci saranno le conoscenze e gli strumenti necessari che potranno accertare il Volere dell’Essere Spirituale in procinto di abbandonare il corpo.

Ciò sarà plausibile nel momento in cui la scienza avrà accettato e studiato la presenza dei corpi sottili che governano il piano fisico e, con l’aiuto e l’integrazione di altre discipline ed individui che sono in grado di entrare in contatto con la parte animica del paziente, coopererà per il bene

dell’Anima e non del corpo fisico che ne è solo lo strumento.

Forse dovrà passare ancora molto tempo affinchè ciò sia anche solo argomento degno di discussione, ma quando questo passo sarà fatto e discipline oggi così distanti e apparentemente diverse si incontreranno, sarà possibile assecondarne il percorso terreno svolto dall’Anima seguendo le indicazioni da essa impartite, favorendone lo sviluppo e l’intento, con una enorme diminuzione di malattie, ostacoli e sofferenze che oggi affliggono sia i pazienti che le persone che vivono accanto a loro.

 

Cosa accade quando sopraggiunge il tempo della morte?

Se riuscissimo ad essere completamente liberi dalle nostre identificazioni mentali e in uno stato di fluida osservazione non condizionata (cosa che in un tempo più o meno distante la nostra Evoluzione prevede e che, in fondo, molti di noi cominciano a sentire), la morte verrebbe vissuta come un momento di estrema gioia e di contatto con la qualità superiore dell’anima che sta lasciando la dimora terrena.

Frammenti di questa gioia ci vengono testimoniati da moltissime persone che vivono le cosiddette esperienze di pre-morte dove, per vari motivi (incidenti, temporanea assenza di battito cardiaco, coma, ecc.) esse sperimentano stati indescrivibili di gioia e benessere mai provati.

Spesso comunicano di veri e propri incontri con esseri (a volte conosciuti durante la vita terrena, altre volte apparentemente sconosciuti) con i quali si sviluppano dei veri e propri dialoghi e riflessioni sul senso dell’esistenza.

Altrettanto spesso queste persone affermano di voler rimanere in quello stato di beatitudine, essendo quel benessere talmente appagante da non trovare motivo sufficientemente forte per ‘tornare in vita’. In moltissimi casi si verifica che, solo dopo avere compreso che non è ancora giunto il termine di quella esistenza, cambino idea, pur con molte difficoltà ma avendo interiorizzato definitivamente il messaggio d’Amore che sottostà a tale richiesta.

Talvolta sono proprio gli esseri incontrati nel piano spirituale (familiari ma non solo) che li inducono a riprendere possesso del proprio corpo per terminare l’opera iniziata.

Il contatto con quella dimensione è talmente forte e intriso di energia vitale che, quasi sempre, chi ha vissuto una esperienza di pre-morte ritorna a vivere con una spinta e una consapevolezza totalmente differenti.

Facilmente la loro vita viene stravolta (in meglio) in quanto, avendo vissuto quella esperienza con l’altro Piano in maniera cosciente, sono stati imbevuti di quella forte Energia di Amore che fa di loro dei veri e propri magneti e riferimenti per altri esseri sofferenti e in cerca di sollievo.

Credo sarebbe importante soffermarsi su questi e altri temi che riguardano la Morte e i suoi risvolti. Queste testimonianze sono naturale espressione di quanto affermato in precedenza e che colloca l’esperienza dell’abbandono del proprio corpo in una ottica molto diversa.

La nota più importante da sottolineare (e che dovrebbe farci accostare a questo tema in maniera più serena),  è che tutto il processo di abbandono del corpo è ispirato e voluto dall’Anima che, esprimendolo in estrema sintesi, interrompe volontariamente il flusso di vita che passa attraverso i centri energetici e conseguentemente alle cellule del corpo e a tutti i suoi organi, principalmente il cervello (coscienza) e il cuore (vita).

A seconda delle tendenze e del grado evolutivo dell’individuo, ci possono essere delle fasi complesse e lunghe prima che venga a cessare il contatto con il corpo. Tuttavia, tutto il processo è seguito e gestito da una moltitudine di Esseri che, sull’altro Piano, sono pronti per accogliere l’Anima che sta lasciando l’involucro terreno.  

Quando il processo è terminato, l’Anima può riprendere completamente il controllo delle proprie funzioni, e tutto ciò che prima era relegato alla sfera dell’oblio, può essere di nuovo vissuto privo delle limitazioni fino a quel momento necessariamente imposte.

Il punto è che mentre per chi sta attorno al morente la morte rappresenta un momento di separazione, per l’individuo che abbandona il corpo si profila una meravigliosa occasione di reincontro con le anime che prima di lui avevano già lasciato il corpo e con cui si è relazionato in vita, e di proseguimento del contatto con chi è ancora ancorato all’esperienza umana.

 

La Morte e la cura

Consentire che l’Anima concluda il percorso terreno assecondandone la volontà e il progressivo ritirarsi quando giunge il momento opportuno, è uno degli aspetti più delicati e controversi su cui anche la medicina dovrà riflettere e indagare.

Questo anche perché oggi si sono fatti dei passi notevoli sullo studio del funzionamento fisiologico del corpo e si comprendono i meccanismi fisici e reattivi che consentono, talvolta, di trattenere ‘in vita’ un individuo che, normalmente, non avrebbe possibilità di continuare a vivere.

Diviene così molto sottile il limite tra la cura e l’invasione di campo per cui il paziente viene ‘costretto’ e trattenuto nel proprio corpo, quando forse è già pronto per lasciarlo.

Mi riferisco qui soprattutto a condizioni estreme che negli ultimi anni hanno sollevato molte polemiche e dibattiti e che, inevitabilmente, devono essere trattati.

E’ importante sempre di più oggi aprire dei confronti in nuovi ambiti di studio per comprendere bene come e in che modo accompagnare gli individui verso il ritorno nella dimensione spirituale.

E’ logico che, fintantoché la visione non si discosterà dalla pura concezione fisica dell’individuo, non sarà possibile affrontare questo tema cruciale, ma è altrettanto vero che tale questione non può essere gestita semplicemente con delle nuove leggi giuridiche le quali basano le loro fondamenta sulla concezione che la fase terminale del paziente sia unicamente valutabile su parametri fisiologici.

Molte problematiche legate oggi all’eutanasia e all’accanimento terapeutico possono trovare naturale soluzione quando si comincerà a considerare l’individuo nella sua interezza spirituale e fisica. Ciò non significa che i metodi di cura attualmente proposti dalla medicina ufficiale debbano essere eliminati e sostituiti da terapie cosiddette “alternative” che molti ritengono l’unica strada da percorrere, ma indubbiamente è necessario fare dei passi decisivi nella direzione di studiare e conoscere la modalità con cui la vita spirituale si manifesta nel corpo fisico.

Nel momento in cui l’Anima non può fluire nel migliore dei modi nell’interazione con la controparte fisica si generano infinite varietà di complicazioni che, infine, sfociano nella malattia.

Il malessere si origina prima di tutto ad un livello più sottile, percepibile e trattabile grazie ad estensioni di sensi adeguati che l’uomo sta sviluppando proprio per riuscire a divenire padrone di questi nuovi piani da cui origina la vita dell’essere, così come ha raggiunto traguardi che fino a poco tempo fa erano impensabili.

Lo squilibrio si origina nella controparte energetica che circonda il corpo fisico della persona che, per qualche motivo, si altera e ripercuote il suo disordine sul piano psicofisico e ghiandolare.

Ci sarebbe molto da scrivere sul genere di interventi da fare in collaborazione con medici, operatori energetici, psicologi, chiaroveggenti, astrologi per poter effettuare una accurata diagnosi della problematica di cui soffre l’individuo.

Spesso ci si dimentica, oltretutto, del giudizio del paziente, la cui volontà passa in secondo piano rispetto alla risolutezza di volerlo a tutti i costi mantenere in vita. Talvolta egli sa che è il momento di concludere l’esperienza terrena, ma sono soprattutto le persone che sono accanto a lui che, a causa del profondo dolore e paura del distacco (assolutamente comprensibili), trattengono l’individuo quasi contro la sua reale decisione.

A proposito di questo tema ci concentriamo ora brevemente su un altro aspetto che è inerente al trattamento del corpo, una volta che è sopraggiunta la morte.

Ricordiamo che esso è un mezzo attraverso cui l’Anima compie il suo viaggio terreno e, nel momento in cui viene abbandonato dall’Essere che lo occupava, ha completato il suo nobile servizio e può essere assorbito dal Pianeta.

Tuttavia non è per caso che in molte tradizioni la distruzione del corpo avvenga attraverso la pratica della cremazione, e ciò per vari motivi.

L’utilizzo del fuoco consente un processo di purificazione che consente l’eliminazione di alcuni elementi da cui l’Anima, ormai distaccata da quel corpo, può ancora in parte dipendere. Ciò in base soprattutto al grado di evoluzione dell’Anima stessa.

Se l’individuo sta sperimentando cicli di vite fortemente caratterizzate dall’attrazione per il piano materiale, è probabile che la permanenza intatta del corpo fisico (quindi non sottoposto alla cremazione)  continui ad attrarlo per lungo tempo e, in qualche modo, tenerlo incatenato a quel mondo di illusioni che quel simbolo gli offre. Non riesce a staccarsi da quell’ancoraggio e per un certo periodo di tempo può rimanerne schiavo e soggiogato.

La disgregazione del corpo attraverso la purificazione con il fuoco consente di eliminare il più velocemente possibile alcuni elementi legati al cosiddetto ‘corpo astrale’ (o del desiderio o anche dell’illusione) che attrae fortemente l’Essere disincarnato. In caso contrario, infatti, egli non si rende conto di essere trapassato e può continuare ad errare pensando di essere ancora in vita per un periodo più o meno lungo, proprio a causa di questo stato di ‘illusione’.

Inoltre, il trattamento purificatorio tramite il fuoco, elimina moltissimi germi e virus che, nel corso dei millenni si sono accumulati nel sottosuolo della terra e che talvolta possono riattivarsi consegnando al genere umano malattie sconosciute oggi (ma non un tempo) che invece potevano appartenere ad altre epoche, e che si sono preservate grazie proprio anche a  metodologie di conservazione del corpo fisico che ne hanno permesso la salvaguardia della forza e della vitalità (ad esempio attraverso la mummificazione) .

La necessità della presenza del corpo è dettato spesso solo dalla necessità delle persone che hanno vissuto con quell’individuo ormai defunto, in quanto può essere troppo forte la sofferenza, l’idea e il trauma per l’improvvisa separazione e la perdita. Il corpo funge da intermediario, ma solo simbolico, in quanto l’Essere spirituale che lo abitava non ha più alcun contatto con quell’involucro e, anzi, ne può essere ostacolato per i motivi citati precedentemente.

Possono essere indicativi in questo senso (ma non è certo l’unica ragione) esempi di luoghi infestati da esseri erranti che ancora non riescono a trovare pace e libertà, per i quali sembra proprio che il tempo si sia fermato (e in un certo senso è proprio così) e che spesso richiedono l’aiuto degli esseri viventi per potersi staccare da quella vera e propria prigione in cui sono bloccati.

Il vero contatto tra chi è tornato nel piano spirituale e chi è ancora presente nel mondo fisico si stabilisce tramite l’apertura di canali di comunicazione interiori molto delicati, che si possono attivare per ragioni di necessità (per esempio quando l’individuo incarnato sia pronto a ricevere messaggi che sono utili per il suo sviluppo e per quello di altri) e in maniera del tutto naturale. Per quel che riguarda la conoscenza e l’accrescimento di queste facoltà è sempre importante avere chiaro l’intento per cui si desidera colloquiare con entità che dimorano nel campo a noi invisibile, evitando di essere mossi dalla pura curiosità che può produrre effetti negativi.

La connessione con quel mondo, popolato da esseri che non necessariamente sono più evoluti di noi (ricordiamo che è il grado di sviluppo dell’Anima che ne determina la qualità e non il fatto di provenire da altri piani non tangibili), è un dato di fatto, ma avviene in maniera sicura, sana e consapevole quando ci possano essere le condizioni favorevoli per una sua attuazione.

Sviluppare una educazione alla Morte, indagarne il significato e prepararci al suo incontro, ci aiuta non solo a comprenderne i meccanismi e a trovarci più pronti e consapevoli nel momento in cui inevitabilmente giungerà il nostro momento, ma anche e soprattutto per aiutarci a vivere con più pienezza e coscienza la nostra esistenza.

 

 

 

Sabato, 02 Gennaio 2021 13:12

La crisi verso la Guarigione

La Crisi verso la Guarigione

                        Di Luca Militello

La salute e il benessere sono dei fattori importanti, se non fondamentali,  nella nostra concezione di vita, anche se è difficile darne una definizione precisa e universalmente riconosciuta.

Questo perché, nonostante l’apparente ovvietà delle affermazioni appena fatte, in realtà il vero benessere è un concetto molto soggettivo e dipendente da molteplici variabili che tenteremo, almeno in parte, di sviscerare in queste pagine.

Tali elementi di differenza possono arrivare a mettere in discussione alcuni principi, ritenuti per alcuni degli assiomi cardine della propria vita, come ad esempio la motivazione che spinge a desiderare di vivere il più a lungo possibile e  magari senza mai ammalarsi.

 

Il benessere

Ma partiamo dall’inizio: quando parliamo di benessere a cosa ci riferiamo?

Ognuno di noi può rispondere a questa domanda in maniera completamente differente, in quanto per ognuno lo ‘stare bene’ è direttamente relazionato alla propria visione della vita e alle priorità che nella vita stessa si hanno.

Questa prima considerazione, apparentemente banale e scontata, può fungere invece da stimolo di riflessione per avviare un processo di comprensione sull’andamento della nostra esistenza e sulle scelte che mettiamo ogni giorno in campo.

Evidentemente, se una persona è attratta dall’accumulo di denaro o principalmente da questioni legate alla sfera materialistica, il suo obiettivo probabilmente sarà quello di assicurarsi un certo tenore di vita agiato e, teoricamente, il più possibile privo di inconvenienti e preoccupazioni.

Diversamente, la persona che si sente invece meno coinvolta dal campo prettamente materiale cercherà di trovare altre strade da percorrere nella propria vita.

Questa differenziazione, lungi dall’essere esaustiva, serve solo a esemplificare in maniera grossolana dei modi di pensare e di agire che sono infiniti.

In un caso o nell’altro, però, il tema non è tanto sul tipo di scelta che una persona mette in atto, ma sulla motivazione per cui cerca di perseguirla.

Dalla reale motivazione si creano poi tutte le esperienze e le prove che l’individuo affronta per cercare di raggiungere il proprio obiettivo.

Si badi bene che, parlando di ‘motivazione reale’, mi riferisco ad un qualcosa che non necessariamente la persona interessata conosce direttamente (o ne sia consapevole), ma alla Vera Causa che Guida la nostra vita. Questo aspetto diviene il soggetto principale di approfondimento del presente articolo.

Per molti questa guida potrà essere definita come  ‘il caso’ o ‘la coincidenza’ ma noi  qui cercheremo di percorrere altre strade individuando altri elementi che ci possono aiutare a fare una diversa luce in questo percorso.

Basti pensare ad esempio che spesso, pensando di fare delle scelte che ci conducono in una certa direzione, voltandoci ad un certo punto indietro e osservando il passato, ci rendiamo conto di quanto invece il risultato sia completamente diverso da quello che ci eravamo prefissati. E non necessariamente peggiore, ma semplicemente inatteso!

Questo esempio non porta ad una conclusione definitiva, visto che i sostenitori della teoria della casualità degli eventi potrebbero portarlo a sostegno delle loro tesi.

Tuttavia dobbiamo ammettere, se non altro, che dovremmo mettere in seria discussione almeno il nostro presunto grado di libertà, la affidabilità delle nostre aspettative e dei nostri progetti, e su chi o cosa (nel caso esista) invece stia veramente governando gli eventi.

In questo articolo non approfondiremo le ragioni della teoria della casualità degli avvenimenti, che pure ha le sue ottime ragioni di esistere ed è  probabilmente sostenuta da un gran numero di persone.

Ci occuperemo invece di esprimere quello che, dal punto di vista del piano non visibile (ma solo ai nostri occhi) , possa accadere e quali siano i principali processi che interagiscono durante la nostra millenaria esistenza.

Prima di proseguire ritengo necessario precisare alcuni punti.

La parte seguente del presente articolo è un piccolo estratto del risultato di un percorso di vita e apprendimento costantemente in evoluzione, supportato da esperienze dirette scaturite da cause e condizioni che si sono manifestate nel cammino di chi sta scrivendo, e da una volontà di ricerca che è sempre viva e presente.  Ciò che viene presentato pur non essendo affatto nuovo in termini di concetti e di conoscenza, dato che da tempi immemorabili questi temi sono stati sapientemente espressi da Personalità con un certo grado di evoluzione (in riferimento alla coscienza e non necessariamente all’aspetto intellettivo)  in tutti i luoghi del Pianeta, vuole essere più che altro una testimonianza vissuta di ciò che può significare, con tutti i limiti del caso, il tentativo di vivere seguendo certe Correnti interiori.

La stessa esperienza conferma, però,  in accordo con il Piano Spirituale Evolutivo, che ognuno ha da compiere i propri passi e che quelli qui presentati  e vissuti possono essere negati e perfino derisi  nel momento in cui non intervenisse immediatamente in chi legge un principio di Risonanza (che agisce in maniera naturale) che consente in prima battuta un riconoscimento (non necessariamente accordo , ma comprensione di ciò di cui si sta parlando) di quanto viene condiviso e, successivamente, un possibile dialogo.

I temi qui trattati possono essere già conosciuti sotto varie forme e nomi, si confida quindi  che l’interesse principale del lettore vada verso la sostanza e il senso delle argomentazioni e non la forma , anche se la forma è necessaria per la comunicazione. Le infinite tradizioni coltivate nel nostro Pianeta portano in sé un seme dell’espressione dell’essere umano, delle sue conoscenze e delle specifiche modalità di rapporto con  il mondo interiore , denominandolo e definendolo in maniera diversa e apparentemente contrastante con le altre. Ma la separazione di solito avviene solo nei termini e nel voler appropriarsi di qualcosa che non appartiene ad alcuno se non a tutti. E questo aspetto è in parte anche origine del grande dramma separativo che l’umanità vive.

 

L’Essere Umano e la morte

Il grande passaggio che l’Essere umano, in quanto tale, sta affrontando, è proprio legato al percorso di conoscenza verso l’Origine della Causa, sempre presente e sempre esistita e che ha a che vedere con il significato profondo della sua esistenza (dell’uomo) e del suo vivere, morire, e ritornare a vivere attraverso un percorso ciclico di ricomparsa su questo piano terreno grazie al processo di reincarnazione.

La consapevolezza di questo Legame con la Causa viene ‘costruita’ lentamente di vita in vita, di esperienza in esperienza, fino a quando non diviene possibile creare un vero e proprio Canale di comunicazione con la Causa stessa, quella parte che conosce il nostro progetto  di vita e ci guida nel viaggio terreno.

Per molti cicli di incarnazione l’essere umano ha sperimentato il significato della vita puramente materiale (come per cicli precedenti ha vissuto altre esperienze e come in futuro ne vivrà altre ancora), immerso nell’esperienza centrale del proprio corpo e delle proprie sensazioni fisiche ed emotive. Tutto è concentrato  nei sensi, al punto che moltissimi uomini identificano sé stessi solo con il proprio corpo o con i propri possedimenti.

Alla luce di queste semplici considerazioni sarebbe quindi illogico e non naturale che oggi, nel turbamento mondiale e di crisi planetaria, non regnasse un tale malessere e una paura folle di perdere i propri averi, il proprio lavoro, il proprio credo, il proprio denaro, i propri cari. Paura di confrontarsi, paura di chi si avvicina. Tutto ciò conduce alla più grande paura , ovvero quella di ammalarsi e pensare di doversi separare anche dal proprio corpo e tuffarsi nel baratro ignoto della  grande crisi della morte.

Sarebbe assurdo che, su queste basi, non accadesse ciò che sta accadendo e che sta spingendo l’essere umano verso una folle rincorsa cercando di controllare un futuro sempre più incerto e sempre più inafferrabile.

Già, incerto perché vorrebbe fondarsi ancora e sempre su quei principi illustrati precedentemente ed evidentemente sempre meno validi nell’attuale nuovo giro di giostra.

Non avendo sviluppato una propria àncora stabile, indipendente da tutto e da tutti, salda al proprio interno, a cui realmente affidarsi durante il susseguirsi dei cataclismi interni ed esterni sempre più frequenti e imprevedibili, l’attaccamento a ciò che di più concreto pensa di avere l’essere umano, appunto la materialità in tutte le sue espressioni, diviene l’unica presunta àncora di salvezza. Anche se sopravvivere può rappresentare la scelta più difficile e sofferente del mondo, il terrore dell’ignoto è comunque superiore e viene rigettato, ben sapendo che prima o poi l’Angelo della Morte busserà alla nostra porta.

Ma quanto più distante sarà quel momento, tanto più saremo felici di non pensarci.

Ammenochè non superiamo quella cortina di paura e decidiamo di fare delle scelte diverse.

 

L’Anima e la personalità

Consideriamo che il corpo umano, nella sua infinita bellezza e ancora inesplorata complessità, è ‘solo’ il veicolo. Provate a pensare ad un’auto tecnologicamente avanzatissima che però non può circolare se priva del suo conducente, il quale conosce il tratto di strada da percorrere e le varie tappe dove sarà necessario e importante fermarsi. Il legittimo creatore e responsabile del progetto di viaggio è l’Anima, che infonde Vita e Senso a tutto il Processo dell’incarnazione. Uso il condizionale perché ci sono altri fattori che dobbiamo tenere a mente.

L’Anima è la parte Spirituale, intangibile ma presente, che ognuno può definire come ritiene più consono per sè, intendendo però ciò che ha a che vedere con il mondo non accessibile ai sensi ( che non siano sufficientemente sviluppati), ed essendo l’Unico vero Custode di noi che resiste ai tumulti della successione delle nostre esistenze. In essa è presente l’essenza di noi, tutto ciò che realmente siamo. Nelle varie tradizioni Cristiana, Buddhista , ecc. può essere concepita e definita in maniera diversa, ma il significato  è sempre lo stesso. L’Anima , in realtà, è anch’essa il veicolo (come lo è il corpo per l’Anima) utilizzato da una Entità ancora più elevata che ci appartiene , ma in questo momento non ci addentreremo in questo campo.

Tornando al veicolo, inizialmente, fino ad un certo grado di consapevolezza, le nostre scelte sono realizzate da un altro conducente che vorrebbe imporre sempre il suo dominio. Questo conducente è identificato dalla nostra personalità, la quale è composta di elementi perfetti per poterci far affrontare le prove di questa vita. Uso il termine ‘perfetto’ perché questi elementi in realtà sono stati individuati sul Piano Spirituale, antecedentemente la nascita, dalla nostra Anima (e non solo lei, che valuta tutta una serie di ‘parametri’ e fattori come il karma e molto altro)  collocandoci così in un certo luogo, una determinata famiglia, un preciso contesto adatto alle prove da affrontare.

Fintantochè non sopraggiunge l’ardente desiderio e anelito di conoscere il vero Conducente, il veicolo è ispirato e guidato dalla personalità per i propri fini di sviluppo egoistico. Sviluppi necessari per comprendere che cosa significhi vivere e agire in maniera da esaurire tutto ciò che deve essere conosciuto a livello individuale ed egoistico. Per sequenze di vite la personalità ha il sopravvento e il comando delle decisioni, e tutto sembra procedere senza problemi, in quanto non è ancora giunto il momento in cui il richiamo dell’Anima possa essere considerato e ascoltato dal sordo viaggiatore la cui unica meta è lo sviluppo individuale. Può capitare che a causa dei propri desideri irrefrenabili egli possa fare cose che mai si aspetterebbe di fare, e di cui egli stesso può stupirsi. Ma il richiamo per l’esperienza individuale è ancora forte e la distanza con l’Anima , che pure è presente, rimane ampia. Egli, nei grandi momenti di crisi in cui subisce cocenti sconfitte, soffre e non comprende il perché degli avvenimenti, vivendoli e analizzandoli sempre e soltanto sotto la stessa chiave di lettura che a momenti gli offre grandi certezze, altre volte immense delusioni e patimenti. l’Anima osserva e conosce il momento in cui l’essere si incarna ,il momento in cui Lei (l’Anima) dovrà separarsi dal veicolo terrestre per tornare nel Regno che Le Appartiene con l’Esperienza terrena acquisita totalmente o in parte. Sì , perché il progetto dell’Anima rimane potenziale fino a quando non possa essere realizzato nell’esperienza umana. Non sempre l’obiettivo viene raggiunto a causa di scelte individuali occorse durante la permanenza terrena o altri fatti ed eventi che cambiano le condizioni,  e per questo motivo sarà necessario attendere una nuova opportunità spirituale per ridiscendere nel luogo dell’apprendimento terreno.

Iniziare un percorso che volge lo sguardo verso l’alto, verso la guida, invisibile agli occhi ma non all’Ascolto interiore profondo, non è mai stato una moda o un fanatismo religioso, ma una realtà concreta che riempie il vuoto che ad un certo punto la personalità  si accorge essere incolmabile e che ciclicamente si ripresenta.

Fino a quel momento l’essere incarnato si identifica con la propria personalità, non avendo la più pallida idea che quella è solo una fase della sua esistenza in termini spirituali, e che ciò che sembra così vero e assoluto, lo è solo fino a quando egli stesso si renderà conto del perché doveva sembrare così.

Il momento e la modalità in cui la creazione di questo vero e proprio Ponte tra la parte inferiore (la personalità) e quella superiore (l’Anima) comincia ad instaurarsi, è differente e insito nelle qualità  specifiche di ognuno e nelle prove che dobbiamo vivere. Molti esseri possono non essere consapevoli del processo di contatto con la propria Guida interiore, eppure già effettivamente pronti e in cammino seguendone  i dettami in maniera del tutto spontanea. Altri, a seconda dei compiti e dei progetti animici, svolgono differenti compiti nei loro campi specifici, ma sempre in accordo con il Grande Ciclo Evolutivo che riguarda tutti.

 

Psicologia , Anima, Mente , Cervello

Nell’epoca contemporanea, una delle scissioni più forti è avvenuta nel momento in cui una branca della medicina oggi così importante quale dovrebbe essere la Psicologia (che ricordiamo significa ‘Linguaggio dell’Anima’) ha voluto postulare e appoggiare tutte le sue ipotesi sulla seguente equazione:

 

Anima = Mente = Cervello

 

Separandosi  in maniera voluta e consapevole dai maggiori filosofi e ‘indagatori delle tematiche interiori’ (astrologi inclusi) che studiavano i misteri invisibili dei moti interiori, con l’accusa di non utilizzare mezzi ‘scientifici’.

Questo fatto non solo è stato determinante nell’orientare la ricerca verso una ben determinata direzione ritenuta l’unica corretta e indiscutibile, ma ha generato una infinità di anomalie e incomprensioni sulle afflizioni mentali (e non solo) che un individuo possa vivere.

Il problema quindi è che tutto ciò che non è ‘misurabile’ e ripetibile secondo le condizioni scientifiche non è considerato, come se non esistesse. Quindi dovremo attendere ulteriori scoperte, come ad esempio è accaduto nello studio delle Neuroscienze che attraverso l’avvento della tecnologia hanno potuto identificare e catalogare le attività cerebrali e le funzionalità associate, per poter riconsiderare le scoperte sotto altra luce. Come sempre è accaduto.

Nel frattempo si sviluppano continuamente altri metodi di indagine,  di percezione , di studio e di supporto che , anche se non avallati ufficialmente dalla scienza, si rivelano comunque assolutamente benefici e fruibili ad un gran numero di persone che ne diventano testimoni. E anche questo è un fatto.

Riferendoci all’equazione iniziale sulla visione della Psicologia ufficiale, e volendo semplificare i ruoli e i significati,  si confonde il vero Conducente (l’Anima) con il Veicolo (il corpo e il cervello) mettendo sullo stesso piano anche la Mente (che invece può essere vista come un elemento di congiunzione tra i due e che fino ad un certo punto è influenzata dagli intenti della personalità). E’ evidente, quindi, che se lo studio e la cosiddetta cura avviene pensando che il vero responsabile di tutto sia sempre e solo il cervello, si perde di vista il processo nella sua globalità, molto più ampio e interessante, che in realtà agisce e condiziona gli elementi materiali , e di cui il cervello è il grande coordinatore.

Può quindi accadere che in un percorso di guarigione, la stimolazione di qualsiasi genere (medica o di altra natura) che focalizza la propria attenzione solo sui segnali fisici del paziente e sulle reazioni agli stessi, possa non determinare i risultati attesi. Il corpo, di cui indubbiamente è importante avere la massima cura e considerazione , essendo il mezzo principale attraverso cui la parte spirituale si  manifesta nel mondo fisico, riceve i comandi da un altro piano, da chi in quel momento governa il veicolo. Quindi, se paragoniamo il corpo come in precedenza ad un’automobile, e se siamo incappati  in un incidente (un trauma, malattia o altro) in cui l’abbiamo sfasciata perché il conducente è ubriaco , non è sufficiente che l’auto venga rimessa in sesto se chi la guida continuerà ad essere in uno stato di squilibrio. E’ facile prevedere che di lì a poco accadrà un nuovo evento, probabilmente non atteso,  se non si comprende la ragione per cui il conducente non è lucido.

Il cervello qui rappresenta la centralina elettrica dell’auto, sofisticatissima e perfetta in ciò che deve svolgere. Egli può addirittura monitorare costantemente alcuni parametri che gli stanno indicando una guida a rischio e può pure segnalare al conducente che continuare in quella maniera può essere molto pericoloso. Ma se non viene indagata la ragione del disagio di chi guida, non si può arrivare al nocciolo della questione.

L’insorgenza di qualsiasi disturbo o disequilibrio, ha la sua origine da quel piano più elevato che nasce spesso dall’impossibilità che la parte più profonda ha di esprimersi ( a causa di un acceso conflitto con la personalità, l’altro abitante del veicolo), oppure perché l’Anima è impossibilitata a continuare il percorso perché le condizioni non lo consentono più, o perché ha concluso il percorso stesso in questa incarnazione. Da qui, a cascata, hanno luogo dei processi a catena che, come ultimo risultato, hanno l’espressione fisica della malattia e (non necessariamente) la morte; cambiano i comportamenti , i pensieri, i processi fisici e chimici, coerentemente con il segnale originato dalla cabina di comando.

La perfezione della manifestazione della malattia (come si esprime, quando e in quale misura) contiene già in sé dei messaggi precisi sull’origine e sul motivo della sua presenza. Segnali che quasi sempre vengono ignorati perché non si individua il vero mittente.

E’ quindi assolutamente interessante e importante sottolineare che quanto qui espresso non è contrastante con quello che viene affermato dalla ‘scienza accademica’, essendo gli effetti fisici che quest’ultima vuole misurare  e considera veritieri effettivamente riflettenti un processo molto più ampio che origina però dal piano spirituale. Non a caso, come spesso avviene, la scienza stessa deve periodicamente ritrattare delle considerazioni effettuate precedentemente in quanto rivelatesi infondate o non appropriate, tanto più quando si ha a che fare con fenomeni legati a manifestazioni non tangibili che nascono al nostro interno , come nel caso del funzionamento della mente.

 

Malattia e Guarigione

In pratica, la malattia, come qualsiasi mezzo di comunicazione , è un modo di dialogare tra il piano interiore dell’essere e la sua parte manifesta, il mondo tangibile. Sopprimerla senza comprenderla significa attendere che essa, al momento opportuno, ritorni sotto altre spoglie.

Il processo stesso di guarigione, inteso come ‘comprensione vera e profonda di ciò che accaduto’ può avvenire in qualsiasi forma, non importa quale, essendo tutti gli esseri differenti e non replicabili.  Non importa se una persona creda o non creda in qualcosa, se sia religioso o meno, se segua un metodo di cura o altro. Tutto ciò che accade è adatto allo specifico individuo e  funzionale alla crescita di coscienza e alla comprensione che prima o poi  avverrà di ciò che si è vissuto o si sta vivendo.

In tutto questo processo, l’attenta osservazione di quanto giornalmente ci accade, produce un vero e proprio tracciato del cammino che stiamo facendo, e più lo osserviamo nei dettagli, più possiamo cogliere degli indizi sulla qualità e sul reale senso della esperienza che stiamo vivendo. La nostra vita è una continua scuola a cui ci siamo iscritti e che ci induce a studiare e comprendere ciò che stiamo facendo. I tempi e i modi per superare gli esami dipendono da molti fattori che hanno a che vedere con la nostra consapevolezza, il nostro impegno e la nostra volontà ad aprirci e migliorarci.

Può essere che una persona mentre sta affrontando una grave malattia, scopra delle cose di sé che non sapeva letteralmente di avere. Molti individui vivono delle vere e proprie conversioni (non solo o non necessariamente religiose) che cambiano completamente la loro vita, indipendentemente dal fatto che le stesse persone sopravvivano o meno a quella malattia. A seguito di un evento traumatico molti cambiano la loro esistenza dedicandosi agli altri, avendo compreso l’importanza del messaggio di altruismo e compassione seminato dal Cristo. Non è raro che molte di queste persone arrivino a benedire il fatto di essere state afflitte da qualche esperienza apparentemente senza via di uscita che ha cambiato loro la vita, in quanto determinante nel permettere un cambio radicale nel loro modo di vivere che risulta poi essere molto più gioioso e pieno.

Altri sono invece stritolati dalla paura e vivono angosciosamente gli ultimi giorni della loro vita, senza  avere il coraggio e la forza di approfittare dell’occasione per poter vivere i passaggi  preliminari verso l’altro Piano  come un evento eccezionale di avvicinamento alla propria Anima che in quei momenti diventa più accessibile.

Dal punto di vista umano questa rivisitazione dell’avventura terrena può sembrare tragica e difficile da comprendere, ma da un punto di vista di chi ha necessità di sperimentare e imparare (l’Anima) questa è una occasione essenziale per il proprio cammino.

Non deve certo essere enfatizzato il fatto che la malattia e il disagio siano augurabili a sé stessi o agli altri. Quando l’individuo comincia a sviluppare una certa consapevolezza diviene più cosciente di quali siano le proprie reali responsabilità, i propri obiettivi e la sua funzione all’interno della società. Di conseguenza egli è pronto per poter muovere i propri passi senza attendere che necessariamente sopraggiunga un momento di grande sofferenza o tumulto umano per agire, accettando di andare incontro alla propria esistenza senza procrastinare ciò che sa di dover affrontare.    E’ pur vero che ancora in questa epoca  l’essere umano , sordo alle vere richieste del proprio sentire, impara grazie soprattutto alle spinte degli eventi che lo mettono all’angolo facendo emergere le più grandi paure, e consentendogli di  toccare con mano la cruda sofferenza che diviene il propellente necessario per superare i confini e le cristallizzazioni non più utili ai fini della coscienza.

Cominciare a ipotizzare questo tipo di scenario, dove il punto culminante è l’Esperienza e che ciò che la precede non è altro che la preparazione del processo con cui quella Esperienza si manifesterà, aiuta a comprendere e a vivere la propria esistenza in una forma tutta diversa e decisamente più piena e consapevole.

A quel punto il concetto di benessere inizia a modificarsi e ad assumere connotazioni prima impensabili, perché nel momento in cui la personalità termina il suo compito e comincia a sottomettersi volontariamente alla Luce dell’Anima, l’individuo cambia radicalmente quelli che erano i principi ritenuti capisaldi della propria esistenza, potendo ammirare orizzonti nei quali osserva il flusso degli eventi essendo consapevole di essere solamente un piccolissimo ma importante ingranaggio di quell’enorme Progetto.

La sua focalizzazione, prima accentrata completamente sulla sfera della personalità, si trasferisce lentamente ma inesorabilmente nel mondo dell’Anima, unendosi a Lei attraverso stadi successivi.

A mano a mano che procede si accorge che la cosa fondamentale diviene quella di rimanere nell’Ascolto attivo verso quella parte di noi che con Amore ci guida e conosce il nostro destino , agendo in conformità con ciò che più ha a cuore, avendo come effetto la generazione di una corrente di vita mai sperimentata prima ,così abbondante da poter essere distribuita senza alcuna richiesta di ricompensa.

E’ naturale che, come in precedenza egli fosse ancorato alla sfera materiale perché non conosceva altri riferimenti certi, ora, riconoscendo l’importanza e la Bellezza di tale perfezione, egli non si preoccupi più di quanto tempo gli rimanga da vivere o se e di cosa dovrà ammalarsi, ma del come assecondare e favorire quella Fonte che lo nutre e lo spinge verso il proprio vivere , sapendo che la stessa vita continua senza sosta e con una intensità infinitamente maggiore anche dopo il processo necessario e naturale della morte fisica.

Questo, essendo un modo diverso di concepire e sentire, inevitabilmente inizialmente causa enormi conflitti nella propria vita, soprattutto con le persone che lo circondano e che non possono comprendere la trasformazione in atto.

Si crea temporaneamente o per lungo tempo una distanza che umanamente può essere molto pesante e angosciante, in cui egli si allontana da ciò che non lo attrae più e che però rimane punto fermo per altri. La concezione della permanenza terrena, i riferimenti e le esigenze sono totalmente differenti e questo implica dei riassestamenti anche a livello sociale e nelle persone con cui si relaziona.

Questo è parte della prova a cui deve far fronte cercando di mantenere sempre il cuore aperto e la capacità di analizzare con sincerità e onestà e con coraggio le varie vicissitudini che gli si presentano.

Capiamo quindi come i risvolti psichici, fisici, emotivi (già di per sé meccanismi molto articolati) non siano i soli ad intervenire nella complessità di vita dell’individuo, e che anche le spinte interiori producono delle direzioni e virate che possono sembrare davvero inspiegabili e sintomi di pura follia, se non analizzate sotto la lente del Piano Spirituale.

Fermo restando che pure esistono gravi patologie che nulla hanno a che vedere con quanto appena espresso. Ma ciò non fa che accentuare ancora di più la necessità di avvicinarsi in maniera specifica a ciascun individuo, essendo egli la sintesi di tutte queste forze.

Nel caso in cui sia effettivamente in corso un grande processo di trasformazione evolutivo e fino a quando non avrà superato un certo grado di consapevolezza, l’individuo non potrà esimersi dal vivere il dolore, la gioia, la perdita e le preoccupazioni (essendo queste tappe fondamentali della sua crescita), ma le vivrà in maniera completamente diversa sapendo che esse arrivano come esami da affrontare e non come maledizioni da rifiutare o sfortune del momento.

Quando ciò sia ben compreso e giornalmente vissuto e provato sulla propria pelle, è possibile che egli cominci a sviluppare un grande senso di empatia nei confronti delle difficoltà e dolori altrui, desiderando di aiutare e sostenere chi sia afflitto dai mali che anch’egli ha sperimentato.

Questo sentimento sgorga in maniera spontanea nel momento in cui l’interessato se ne accorga e ha come obiettivo di supportare ogni essere in cammino verso il riconoscimento della propria origine.

Egli distingue il processo virtuoso che in tale maniera viene innescato e sa che nella sua semina risiede il lento ma efficace progresso che conduce ogni essere a poter esprimere i propri reali Talenti, puri e non contaminati da interessi che non siano quelli di creare quel vago bene comune di cui molto spesso si parla ma che non può essere garantito da leggi o falsi accomodamenti, o tanto meno da atteggiamenti violenti, di costrizione e soppressivi.

Ma soprattutto, che una volta che si è stabilita la connessione con la propria parte spirituale, questa sarà il Faro e la speranza del Mondo.

I grandi Insegnanti di tutti i tempi ci hanno fornito strumenti, tecniche, formule e vie per poter accedere a questo genere di consapevolezza, ben sapendo che tutti questi strumenti sono importanti se utilizzati come mezzi e non come fine. Siamo noi, attraverso le nostre scelte, atteggiamenti e opinioni che possiamo decidere come utilizzarli, ed è solo attraverso la nostra viva esperienza che possiamo  fare tesoro di ciò che fino ad un certo punto precedente, possiamo solo ipotizzare.

Non è possibile forzare questo processo e, tentando di farlo, si può incorrere in risultati spiacevoli. E’ però possibile , nei tempi e nei modi appropriati, avvicinarvisi esercitandosi con sincerità e onestà nella messa in atto di qualità nobili che nella maggior parte dei casi le persone sono in grado di riconoscere perché universali come memorie della nostra provenienza e meta finale.

I Sentimenti  e i Pensieri elevati che anelano alla Bellezza e alla reale Fratellanza, aprono squarci di Luce al nostro interno, dove la nostra personalità comincia a vacillare e a riconoscere che deve cedere il timone del controllo al Vero Conduttore, l’Anima appunto. Nutrendosi di traguardi individuali, la personalità prima di  inchinarsi al servizio dell’Anima ingaggia con lei una potente e letale lotta il cui esito è fino all’ultimo incerto. Ciò può implicare anche lunghissimi periodi di crisi e instabilità psichica  e fisica dove l’interessato, se sopraffatto dalla lotta, può arrivare a nutrire sentimenti  e atteggiamenti negativi estremi verso sé stesso ma anche verso gli altri.

Come già detto, molte forme di disagio psichico e depressione sono in realtà mosse da questo tipo di conflitto che, se non compreso ma soppresso e combattuto solo attraverso  un’analisi di tipo meccanico, possono provocare perfino la decisione del definitivo abbandono prematuro del corpo da parte dell’Anima.

Questi sintomi quindi possono indicare dei meravigliosi cambiamenti che stanno germogliando nel fecondo spazio interiore dell’individuo che chiede di essere supportato.

 

La Meditazione e l’introspezione

Spesso questi periodi possono essere sollecitati anche in concomitanza dell’inizio di pratiche come la Meditazione , Preghiera, Contemplazione,Ispirazione e, in generale , l’indagine interiore. E’ difficile capire dove inizi una e finisca l’altra in quanto l’esigenza di introspezione solitamente indica un momento dove l’individuo cerca ‘dentro di sé’ le risposte alle sue angosciose domande; quindi che questo avvenga all’interno di un monastero, in una chiesa, durante una creazione artistica, in un ospedale o in chissà quale condizione nella propria vita quotidiana , è di importanza relativa.

Ciò che è importante è che, nel momento in cui l’individuo sente il richiamo della sua parte animica, può attivare delle modalità per cercare di agevolare (se si può usare questo termine) questa Connessione.

Sviluppare questo Contatto , alla luce di quanto affermato in precedenza, può diventare quindi una svolta importante nel processo di consapevolezza e di comprensione delle problematiche che lo affliggono.

L’utilizzo della Meditazione , come ampiamente dimostrato anche da studi scientifici ormai consolidati, aiuta la persona ad attivare delle precise aree del cervello che stimolano sostanze in grado di portare pacificazione, calma, benessere a tutto l’organismo.

La scienza e molti speculatori spesso si soffermano solo su questo aspetto, stupendosi della capacità che attribuiscono sempre al cervello ed elaborando piani creativi per rimpinguare il proprio portafogli o per raggiungere obiettivi discutibili.

A parte questi ambiti però, potremmo dire che questo, pur essendo di per sé già un risultato clamoroso e fuori discussione , è in realtà un effetto collaterale di ciò che avviene ad un livello più profondo, ovvero l’alimentare quel dialogo con la Fonte. Il Cervello quindi, è colui che viene stimolato dalla Mente in maniera tale da mettersi  in una condizione che poi può essere rilevata anche attraverso gli opportuni strumenti.

In Meditazione, infatti, possiamo avere delle intuizioni o dei lampi di comprensione che magari con grande difficoltà possiamo raggiungere in una situazione dove la nostra attenzione è attirata da miriadi di cose diverse. Non è quindi la tecnica che consente questo risultato, ma lo stato di coscienza in cui ci troviamo. La tecnica è il mezzo che utilizziamo per esercitarci e per esplorare il nostro mondo interiore.

Al di là di tutti i ragionamenti che ognuno può fare e che possono condurre verso altre direzioni, la cosa importante è sottolineare che attraverso quel processo riusciamo ad entrare in uno stato dove realmente le cose ci appaiono in maniera diversa e concretamente possono ispirarci in valutazioni molto pratiche da attuare nella nostra vita.

In quello stato di coscienza, a seconda del proprio grado evolutivo, riusciamo a percepire un lembo di noi stessi. Ecco perché uno degli effetti può essere quello di ritrovarsi sempre più calmi e lucidi. Ma può anche accadere che, nell’aprire quella porta interiore, dobbiamo affrontare delle questioni irrisolte che il nostro Messaggero ci porge con amorevolezza e determinazione. Capiamo quindi che l’obiettivo dell’Anima non è di renderci la vita facile e senza problemi, ma quello di andare verso la Verità , qualunque essa sia e fonte di reale cambiamento positivo per il nostro cammino di comprensione. Solo avendo spinta e coraggio per incontrare la verità saremo in grado di vedere e risolvere i nostri conflitti e di essere veramente amorevoli e pazienti con gli altri; diversamente, ci illuderemo che , poiché meditiamo o facciamo qualsiasi percorso spirituale o altro ancora, saremo calmi e gioiosi.

 

Nuovi sviluppi

Nella nostra epoca l’intensità dello stimolo Spirituale verso la ricongiunzione con l’Anima aumenta di giorno in giorno, producendo una spinta importante nel processo che conduce verso la risoluzione del conflitto interiore, sia singolarmente e di conseguenza globalmente. La progressione di questo processo conduce di conseguenza ad una rivisitazione totale in tutti i rapporti umani che oggi stiamo vivendo, ma la stessa intensità, universalità e apparente confusione di tale trasformazione ci indica anche che trattare alla radice questo malessere è un’opera non più prorogabile nel tempo.

Diventa così’ importante comprendere che ognuno , poco alla volta, deve diventare vero padrone delle proprie scelte e del proprio destino, perché è soltanto lui che può risolvere in maniera definitiva quel conflitto.

Il raggiungimento di questo traguardo deve passare attraverso un vero e proprio processo di Purificazione, che ha proprio a che vedere con quella battaglia tra le forze interiori che ci compongono. Non a caso stiamo osservando un aumento vertiginoso di disturbi nervosi e vascolari, malattie sintomatiche di aumento di pressione interna a tutti i livelli (che talvolta viene definito semplicemente ‘stress’) che sempre più preoccupano i nostri centri di cura , i quali spesso non possono far fronte ai grandi interrogativi che gli stessi pazienti pongono.

Molti operatori, anche della medicina ufficiale, stanno comprendendo che il solo ambito meccanicistico che nella maggior parte dei casi la medicina sposa non è sufficiente per spiegare e curare tutti i fenomeni e i disturbi che molte persone manifestano, e quindi si aprono anche ad altre vie.

Ciò conduce verso le , molto spesso in campo scientifico innominabili, Energie Spirituali, che altro non sono che Leggi più ampie di quelle che già si conoscono, lo studio della quali  può portare ad una nuova concezione della guarigione medica fondendosi e integrandosi con essa per produrre reale benessere per la persona,  per i rapporti e per lo scopo di vita, scoprendo definitivamente senza paura che l’essere umano è qui in missione evolutiva. Lo studio e la seria indagine in questi campi potrà dare un fondamentale contributo allo sviluppo armonico dell’essere , includendo la possibilità di comprendere e individuare le reali caratteristiche ed esigenze animiche dell’individuo in maniera da favorirne la crescita e il proprio campo di esperienza che si avvale della Legge della Rinascita .

 

 

www.accademiadeitalenti.it

 

Martedì, 18 Agosto 2020 16:44

Psicologia Spirituale e Etica Economica

            

  

   “Psicologia Spirituale e Etica Economica” è un articolo scritto da Luca Militello e pubblicato sulla rivista PANACEA.

https://www.sisbio.it/evento/rivista-panacea/

 

Lunedì, 26 Novembre 2018 19:56

La Psicologia senza Anima

LA PSICOLOGIA SENZA ANIMA

 

Di Luca Militello

 

 

 

La storia della psicologia, per come viene intesa al giorno d’oggi, è relativamente recente. La grande trasformazione che ha subito è collocata senza dubbio nei metodi di studio e diagnosi che, da un certo periodo storico in poi, si è cercato di mettere in atto per riuscire a rendere le diagnosi sempre più categorizzabili, ovvero caratterizzate da sintomi precisi che più o meno inequivocabilmente collocano il paziente in una determinata fascia di problematiche.
Questo metodo di studio e di individuazione delle cause scatenanti una malattia o disturbo, fa parte del cosiddetto “metodo scientifico” che, sostanzialmente, inferisce le proprie conclusioni da una attenta osservazione dei comportamenti, valutazioni, azioni e disagi che gruppi di persone hanno quando si trovano a dover affrontare certe condizioni di stress che vogliono essere studiate dai ricercatori.
In tal modo sarebbe possibile, a fronte di un insieme di sintomi rilevati, individuare una patologia e collocarla sistematicamente entro un quadro clinico sempre più preciso.
Non mi dilungherò sulla varietà e modalità degli esperimenti che vengono attuati, non essendo l’oggetto di questo scritto, ma che comunque sono facilmente reperibili nell’ambito degli studi sulla ricerca scientifica.
L’unica precisazione che inizialmente è importante fare, in quanto chiarisce maggiormente il proposito del seguente articolo, è che anche nell’ambito scientifico in merito alla catalogazione delle varie patologie, si è sempre più consapevoli di quanto sia difficile “etichettare” in maniera precisa e univoca i vari disturbi (appunto inserire un paziente all’interno di una sola categoria di disfunzioni), essendo questi il più delle volte sfumati, ambigui e soddisfacenti contemporaneamente più diagnosi diverse.
Per questo motivo si è introdotto e se ne fa sempre più utilizzo, nella fase diagnostica della problematica del paziente, del cosiddetto sistema dimensionale, che rende meno rigidi e più flessibili i confini tra le varie diagnosi, permettendo una maggiore adattabilità di giudizio (oltre che di interpretazione) e individuazione della patologia che diviene più descrittiva e meno sistematizzata.
Quanto appena detto è doverosamente un breve accenno a quelle che sono le metodologie che vengono applicate per lo studio delle patologie psichiche; con la rapidissima evoluzione tecnologica è peraltro divenuto possibile effettuare studi sempre più specifici e precisi (attraverso esami come la Pet, Tac, Risonanza magnetica, ecc.) sul funzionamento del cervello, del sistema nervoso e, in generale, dell’intero corpo umano. Questo, senza dubbio, ha portato un grande contributo nella individuazione dei sintomi fisiologici e neurologici che accompagnano una patologia psichica, nel senso più ampio del termine.
Nonostante tutto questo grande movimento che ogni giorno porta alla scoperta di informazioni sempre più dettagliate in merito al funzionamento della meravigliosa macchina che è il corpo umano; nonostante si comprendano sempre più a fondo le relazioni tra i vari elementi che entrano in gioco negli scambi continui e dinamici all’interno del nostro organismo e che ne consentono quel suo magnifico e delicato equilibrio; nonostante tutta questa conoscenza sul funzionamento meccanico che spiega i processi di scambio tra le varie componenti della nostra struttura organica, rimane nella maggior parte dei casi senza risposta la domanda che ci si pone quando sopraggiunge uno squilibrio, soprattutto nel caso dello studio della patologia psichica.
In questa ipotesi, infatti, come accennato sopra, è sempre più chiaro quali siano gli effetti della malattia a livello fisico e neurologico, ma non è affatto chiaro se quell’effetto che sopraggiunge fisicamente sia la causa oppure se lo squilibrio organico in atto sia solo la conseguenza di qualcos’altro.
L’ultima considerazione appena espressa è di fondamentale importanza per il lettore che vuole comprendere il tema principale che si vuole affrontare. Per tale motivo è bene approfondirne il significato prima di proseguire.
Come dicevamo, è innegabile che gli ultimi decenni abbiano portato ad una spinta decisiva verso lo studio del funzionamento del corpo umano, del sistema nervoso e dei meccanismi che lo regolano. Questa spinta è stata alimentata anche dalla crescita esponenziale delle scoperte tecnologiche che, come già anticipato, hanno consentito di ampliare gli studi medici in tutti i settori.
Anche la Psicologia e la terapia psichiatrica stanno cercando di utilizzare sempre più questi nuovi mezzi, tentando di comprendere meglio alcuni aspetti del funzionamento psichico e dare risposte a tematiche che, pur riguardando anche la sfera fisica dell’individuo (nel caso specifico il cervello), sono per loro natura non tangibile (come ad esempio il concetto di mente ) e residenti in altre “zone” non ben definite dell’essere umano.
La permanente non definizione di cosa o dove siano queste “altre zone” che non sono identificabili precisamente in un punto specifico del corpo e che quindi, proprio per questo, difficili da concettualizzare in maniera concreta, rendono lo studio della Psiche molto più complesso rispetto ad altre discipline mediche dove, per forza di cose, il riferimento e l’oggetto di intervento è sempre e comunque il corpo fisico.
L’allontanamento della Psicologia dalla Filosofia, dalle discipline olistiche e dallo studio del Cosmo, avvenuto consapevolmente e per scelta degli studiosi di poco più di un secolo fa, ha orientato progressivamente il senso dello studio di questa disciplina verso un ambito puramente fisico e organico. La scelta è stata fatta in quanto si presumeva che fosse necessario fare della Psicologia una materia “scientifica”, al pari della chirurgia, della fisiologia, e di tutte le altre materie incluse in quell’insieme identificato dall’approccio che viene applicato allo studio dei fenomeni, senza tener conto che quella scelta stava tralasciando un elemento fondamentale che governa i processi dell’individuo e che risiede nel Mondo Spirituale.
Stiamo parlando di un elemento, l’Anima, che, lungi dall’essere marginale e ininfluente nello studio di questa materia, ne è invece la base e la causa, essendo il principio primario che organizza e conforma la vita intrapsichica.
Il grande conflitto della Psicologia nasce dal volere sistematizzare diagnosi e patologie creando una base di studio scientifica che consenta di incasellare sintomi e disturbi, cercando di creare un sistema universale di individuazione della problematica che possa essere applicata al numero più largo di individui. Il tutto, estraneandosi da quella scomoda parte dell’individuo che, non appartenendo al mondo fenomenico direttamente misurabile con i sistemi usuali, viene appositamente esclusa valutando evidentemente come poco importante il suo influsso.
Tutto ciò fino al giorno d’oggi, come detto, viene attuato attraverso il metodo cosiddetto scientifico, con le peculiarità accennate in precedenza.
Essendo il metodo scientifico attuale basato unicamente sulle trasformazioni che avvengono a livello fisiologico, è ovvio che la Psicologia è la scienza che più risente di questo contrasto, in quanto non può (e come potrebbe farlo?) spiegare e curare patologie che hanno a che vedere con altre sfere (non ancora riconosciute) dalla stessa scienza.
Oggi, nella maggior parte dei casi e nelle ipotesi migliori, si fa riferimento al termine generico “emozioni” per identificare qualcosa che, pur essendo evidente e condizionante la vita di un individuo, non è quantificabile e misurabile. Allo stesso modo ci si riferisce alla mente senza provare a dare un significato più preciso alla sua funzione e al nesso che la connette all’Anima; questi aspetti rimangono dunque oggetti misteriosi che si cerca di modulare, nel caso del malessere di un paziente, attraverso metodi e tecniche che consentano all’individuo di ritrovare un equilibrio, anche se temporaneo.
Freud tentò di strutturare l’idea del mondo interiore individuale attraverso vari tentativi e modifiche del concetto di Preconscio, Conscio e Inconscio. Così come pure Jung arrivò ad ipotizzare, tra le altre cose, il concetto di Inconscio Collettivo.
E altri, dopo di loro fino ad oggi, partendo da queste basi più o meno accettate, tentano di dar vita a nuove teorie, concetti che spesso sono talmente complicati e paradossali, da rendere lo studio ancora più astruso e inapplicabile.
L’origine di questa grande impotenza a livello di comprensione ed intervento di fronte a certi disagi e malattie, è da attribuire soprattutto a quella scissione avvenuta proprio all’interno della Psicologia, dove si è abbandonata la natura ed il senso per cui questa Scienza era nata, ovvero per lo studio dell’origine e del funzionamento dei meccanismi con cui l’Anima si manifesta attraverso l’individuo.
Allontanandosi dal significato più ampio della Vita, cercando a tutti i costi di trovare un metodo generale che consenta di curare i pazienti che accusano certi sintomi, si sta procedendo verso una sorta di semplificazione e unificazione dei trattamenti riservati ai pazienti stessi.
Tutto ciò, anzichè portare una maggiore efficacia ed efficienza del sistema di cura, determina invece uno svilimento ulteriore della persona sofferente che, a fronte di specifici malesseri, viene trattata secondo un protocollo più o meno riconosciuto ma che non tiene conto del più ampio Movimento che l’Anima sovrintende.

Oltre il corpo fisico
Fino a quando si continuerà a considerare soltanto i fattori che influenzano l’essere umano dal punto di vista organico, non sarà possibile studiare più a fondo il vero funzionamento di tutto l’apparato che appartiene all’individuo. E questo aspetto ha un impatto tanto più forte quanto più sia radicato l’intento di rifiutare i meccanismi “invisibili” di cui l’uomo è composto.
Ciò che è già affermato in altri articoli e non solo quelli già redatti dal sottoscritto, ovvero che il corpo umano è solo una parte della totalità dell’individuo, è ancora più importante e utile da approfondire nel metodo di indagine della Psicologia, che si trova a stretto contatto con questo campo di analisi.
Il riconoscimento e lo studio approfondito di come il corpo fisico dialoghi e si rapporti con quella che è la sua parte “invisibile” o spirituale, da cui trae forza, spinta e motivazione, è di radicale importanza per comprendere meglio che cosa accada sia in uno stato di equilibrio della persona, che di specifico malessere e disagio.
Stiamo parlando quindi di un qualcosa che non ha significato secondario nella diagnosi del disagio psichico, ma di valore sostanziale nel determinare quale processo sia in atto in quel momento all’interno del paziente.
Ripetiamo che l’importanza di questo tema non è circoscritto ai soli disagi che vengono studiati in ambito psicologico, in quanto la correlazione tra fisico, emozioni, mente e anima è un principio che dovrebbe essere applicato in qualunque sfera della vita della persona. Qui lo stiamo sviscerando in maniera più incisiva in quanto la Psicologia ufficiale, essendo la disciplina che si propone proprio di andare ad alleviare i disagi cosiddetti “mentali”, non ne tiene minimamente conto.
Le conseguenze di questo genere di approccio che esclude l’esistenza di altri fattori che non siano strettamente legati alla sfera fisica, ha una serie infinita di conseguenze ed interpretazioni quantomeno discutibili su quelli che sono i disagi manifesti della persona.
Partire dalla condizione fisica senza avere considerato la controparte che tiene in vita la persona e da cui nasce il proposito stesso della vita, ovvero l’Anima, fa perdere le tracce sulla motivazione e il senso del disagio.
Ecco perché, ricollegandomi all’introduzione iniziale, è decisamente impossibile collocare una persona all’interno di una categoria patologica senza prima avere esaminato la qualità e la specifica “condizione animica” del paziente.
In poche parole, è assolutamente possibile e probabile che individui con gli stessi sintomi, se studiati solo su un piano fisico e neurologico, siano affetti da patologie completamente diverse.
Questo perché quel disagio non deriva direttamente appunto dalle problematiche fisiche o neurologiche; tali effetti sono determinati proprio da qualche processo energetico che si svolge su una dimensione invisibile ai sensi comunemente riconosciuti (ma non a quelli dell’intuizione), i cui effetti si manifestano poi inevitabilmente e in maniera naturale nel corpo fisico.
E’ possibile quindi che l’effetto sul corpo fisico (il disagio) sia apparentemente lo stesso, ma la sua causa abbia significato sostanziale diverso. Una prima conseguenza di questo modo di osservare la condizione dell’individuo consente di comprendere come mai , per esempio, pazienti con la stessa problematica reagiscono in maniera differente ai trattamenti. Oltre alle ragioni fisiche, temperamentali, ambientali e di relazione (che già giustamente vengono considerate in ambito clinico) ce ne sono altre, di cui ci qui ci occupiamo e che hanno a che vedere con la sfera animica, che vengono tralasciate determinando un significativo vuoto nella diagnosi e nel trattamento.
Quanto appena detto, tra l’altro, indica delle tracce ben precise di risposta alla domanda (che giustamente si pongono gli studiosi) cui accennavamo inizialmente, ovvero se la condizione organica o neurologica sia causa o effetto del disagio.
In base a queste considerazioni è evidente che il campo fisico (inclusivo ovviamente della sfera nervosa) risente e si conforma in base a quanto avviene nel piano dell’Anima, nel bene e nel male. Lo squilibrio rilevato quindi sul lato fisico (conseguenza) è coerente con l’origine dello stesso, ovvero l’interazione con l’Anima (origine).
Esistono pochissimi disagi che nascono completamente nel corpo fisico, e comunque hanno sempre una interazione determinante con il campo energetico dell’Anima.
Praticamente per tutte le condizioni che stiamo considerando, non si può favorire una vera terapia se questa non includa la presenza e lo studio della parte animica dell’individuo.
Nella pratica della cura psichica si tenta di modificare la vita della persona verso quella che si pensa sia la direzione che l’individuo dovrebbe intraprendere. La direzione è dettata da condizioni che, nella media, dovrebbero essere quelle ‘normali’ e a cui la persona dovrebbe tendere.
Ma questo volere ‘condurre alla normalità’ è esso stesso un aspetto del malessere (a cui spesso molti pazienti si ribellano con conseguenze drammatiche per loro) in quanto non viene effettuata una indagine ad un livello più profondo e talvolta innominabile o sconosciuto, che consenta di cominciare a percepire, comprendere, studiare e, di conseguenza, favorire, quella che è la reale strada che la persona chiede di imboccare nella propria esistenza.
E’ facile capire che, non interpellando l’Anima ed evitando di entrare in contatto con la sua essenza, non solo possiamo non riuscire a dare il nostro contributo per un buon effetto terapeutico, ma la nostra “cura” potrebbe essere addirittura dannosa.
Potremmo indurre il paziente a dirigersi verso lande desolate di cui la profonda volontà della sua Anima non necessita e non desidera, con conseguenti gravi effetti come la depressione.
Lo studio con cui l’Anima si manifesta attraverso la sua controparte fisica è quindi di fondamentale importanza. La Scienza della Psicologia, aprendosi o riaprendosi a questo campo di indagine, potrà contribuire a rendere effettivamente “scientifica” (intendendo qui la forma più evoluta di questo termine) la metodologia usata per indagare le sfere dell’Anima.
I metodi di studio devono essere aggiornati e integrati con quelli fin qui già acquisiti (e che hanno prodotto mirabili e significativi progressi nel campo fisico), riconsiderando ciò che molti Saggi nella storia dell’Umanità hanno offerto e condiviso come conoscenze che sono state spesso banalizzate e catalogate come insoddisfacenti e inapplicabili.
Ricordiamo che tali insegnamenti non solo sono stati tramandati e volutamente resi accessibili a tutti, ma sono anche il risultato degli apprendimenti e dei risultati che questi Esseri hanno raggiunto nella loro vita e che, per tale motivo, hanno lasciato come preziosa eredità.
La Psicologia si confronta costantemente con questi stessi aspetti della persona nella sua totalità, utilizzando termini come emozione, mente, insight, e ritenendo spesso di aver introdotto nuovi concetti che prima non esistevano. Ma se questi elementi venissero comparati e rapportati alla Scienza Spirituale tramandata nei secoli attraverso la Conoscenza in tutti i campi del sapere umano, probabilmente si scoprirebbe come tali principi siano già stati ampiamente trattati, spiegati e condivisi nell’insegnamento spirituale (ben più antico), e corrispondenti ad esempio a ciò che viene nominato come corpo emotivo, corpo mentale, intuizione.
Quegli stessi Insegnamenti non sono mai tramontati e, ancora oggi, sono accessibili e applicabili nella vita di ognuno, e non attendono altro che di essere confrontati e integrati alle conoscenze già verificate e dimostrate.
Credere e rendere plausibile lo studio dell’Anima non implica l’appartenenza ad una religione o a un movimento spirituale, ma allo stesso tempo è necessario inoltrarsi nell’essenza del significato del termine ‘Spirituale’ per comprendere quanto tangibile sia il suo reale senso nella vita di tutti i giorni.
L’Anima è un fatto concreto, non è un’idea o una ipotesi. La sua esistenza deve poter trovare conferma anche in ambito scientifico e terapeutico, essendo il cardine fondante della vita.
Per attuare questo processo è necessario conoscere, sviluppare e mettere in pratica dei metodi che oggi, lentamente ma inesorabilmente, stanno acquisendo importanza e valore.
L’insegnamento relativo all’Anima e al suo funzionamento rende certamente il processo di terapia e cura più complesso e individuale, ma la complessità è relativa solo al fatto che ad oggi semplicemente questo aspetto dell’individuo non viene considerato ed è quindi una novità, almeno in ambito accademico.
Quando diverrà argomento di indagine potrà aprire delle comprensioni che sono molto più utili, logiche e significative di spiegazioni che, ad oggi, lasciano larga interpretazione e spesso non aiutano il paziente in quella che può diventare una vita di agonia e di solitudine alleviata talvolta solo da farmaci che attenuano i disturbi, spesso inibendo le attività psichiche e motorie dell’individuo, senza però risolverli.
La messa in atto di questo tipo di integrazione nella terapia è alla portata di tutti quelli che desiderano con sincerità, profondo desiderio di bene non egoistico e consapevolezza andare oltre le spiegazioni che la sfera materiale offre, ma ancor di più deve e può nascere inevitabilmente dai terapeuti stessi (molti dei quali operano già con questo intento) che, riconoscendo l’importanza e il significato di quanto affermato, cominciano essi stessi a prendere coscienza della propria condizione e qualità energetica e della connessione con la propria Anima.
Senza questo passo preliminare importante per sé stesso e per le persone con cui viene in contatto, il terapeuta non può conoscere e fare esperienza di quello di cui abbiamo parlato fino ad ora.
La nascita, la ripresa e la diffusione di questo genere di Insegnamenti potranno poi essere riconosciuti e introdotti anche in ambito accademico, attraverso gli stessi processi di formazione e finanziamento di gruppi di ricerca che si propongono di indagare ambiti ancora poco conosciuti come nel caso della fisica quantistica o dei viaggi interplanetari, o per debellare malattie incurabili.
E’ chiaro che, in funzione di questo nuovo orizzonte è necessario intraprendere un percorso di studio, apertura, sperimentazione e approfondimento delle basi che regolano il piano spirituale, arrivando progressivamente alla conoscenza e all’utilizzo degli strumenti adatti al genere di comprensione che ha a che vedere con la dimensione dell’Anima.
A questo proposito va sottolineato che, come in qualsiasi ambito di studio e di pratica esperienziale, deve essere attuato un grande sforzo di volontà e di spinta genuina nel volere comprendere le Leggi a cui l’Anima obbedisce.
Mettersi in gioco e cominciare ad indagare gli influssi che provengono dal piano spirituale è un passaggio molto delicato e individuale che non richiede solo una grande attenzione per gli studi e le ricerche che vanno in quella direzione, ma è fondamentale, nel tempo e in virtù del proprio percorso di vita (regolato guarda caso dalla propria Anima), acquisire e riconoscere quelle che sono le facoltà latenti che ognuno possiede e che offrono l’opportunità di comprendere e vedere quali siano le relazioni tra la vita nel piano fisico/materiale con la vita invisibile del piano spirituale.
In questo articolo non si è fatto appositamente cenno a quelli che sono i metodi e le modalità di studio e pratica per iniziare un lavoro di dialogo con la propria Anima; l’intento qui è semmai quello di riportare l’attenzione verso l’esistenza, la presenza e la possibilità di fare esperienza diretta con la propria Anima in maniera pratica ed evidente.
E’ compito di ogni lettore e serio ricercatore capire se questo tema risuoni e quanto sia importante nella propria esistenza, come pure se tale richiamo acquisirà importanza nella visione della vita dell’individuo, oppure rimarrà argomento privo di stimoli e di significato.
Nella prima ipotesi forse egli sentirà una spinta ad andare nella direzione di voler aprirsi senza condizioni verso questo nuovo stimolo, e cercherà egli stesso le strade che gli consentiranno di dischiudere la porta che lo condurrà, prima o poi, alle esperienze e risposte che cerca.
Diversamente, il tema dell’Anima rimarrà ancora inafferrabile e non tangibile, sfuggente e non attinente alla propria vita e quindi (momentaneamente) accantonato.

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Dott. Luca Militello

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